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Anche gli psicoanalisti sognano. Sognano per lo più di essere svegli come accade nella frase presa a prestito da Francis Scott Fitzgerald: «Sono sempre le tre di notte a qualsiasi ora del giorno», che fa da sigillo alle prime pagine dell’autobiografia di Umberto Silva. Che appunto fa lo psicoanalista e che ha intitolato la sua autobiografia Turmac bleu. Un’autobiografia sognata. È tanto che Silva sogna la propria autobiografia e ne ha pubblicati nel tempo diversi passaggi fino a questa versione ultima per Bompiani a cui ha collaborato anche una scrittrice, Marta Barone.
Ma che cosa vuol dire, dopo tutto, autobiografia sognata? Direi un assecondare- rivisitare il flusso dei ricordi, lasciando in bella evidenza tutti gli spazi bianchi, i territori che non si ha voglia di rievocare o si ha voglia (forse) di dimenticare. Un’autobiografia è un qualcosa di troppo soggettivo per poter giudicare. E poi Silva quante vite ha avuto? Intanto, quando si comincia, c’è sempre Milano di mezzo, Milano tra gli anni Cinquanta e Sessanta (Silva è del 1943). «Scrivo per cercare di capire», dice, ma subito corregge. «È una bugia: voglio solo nuotare in quel passato che come ogni passato non passa mai».
Non sarà una vita in salita: Silva non nasce povero, ma da famiglia piuttosto ricca che si sistema nel dopoguerra in una grande villa a trenta chilometri da Milano. Qui si consumano i giorni gloriosi del giovane protagonista, felicemente in ritardo con gli studi, capace di appiccare incendi per divertirsi e di rubare gioielli alla madre per regalarli a una servetta poco più grande di lui che lo ricompensa andando in altalena senza mutande. Ma non sarà il sesso a farla da protagonista: sarà invece per un pezzo la religione cattolica, perché Umberto sarà affidato ai Gesuiti. I beati anni del castigo, li definisce, alludendo al romanzo di Fleur Jaeggy, ma forse solo in senso lato. Siamo negli anni in cui muore Pio XII.
Personaggio-chiave, ancorché sfuggente, è comunque il padre, che ogni sera lasciava la moglie poco più che trentenne per raggiungere un’amante ventenne che cambiava spesso. Umberto doveva al padre un colpo segreto per vincere a ping pong, ma poi era arrivato un ragazzino insignificante che lo aveva stracciato. Era, il padre, un gran giocatore d’azzardo e aveva addirittura perso duecento milioni a briscola… Era lui a fumare le Turmac piatte. Una volta, a Venezia, portò il giovane e ancora minorenne Umberto al Casinò dove il ragazzo puntò e vinse, tornando poi da solo al Danieli dove alloggiavano… Sembra un film e in qualche modo lo è: Silva ha fatto anche il regista nella sua vita e sa come montare una storia. Che resta comunque una storia sorprendente, perché, dopo i Gesuiti e l’Università, con una laurea in legge mai sfruttata, Umberto si trasferisce a Roma. Ci vuol poco e adocchia dalla finestra di casa Jean-Paul Sartre che con Simone de Beauvoir sta prendendo qualcosa al tavolino di un caffè. Un attimo dopo Silva è lì a chiedere di intervistarlo, anche se ancora non ha cominciato a fare il giornalista.
E neanche il comunista. Gli accadrà di lì a poco. Non è l’unico ricco o ex ricco che si occupa del proletariato, e per giunta ritrova tra i compagni- guida un professore che aveva insegnato dai Gesuiti. Comunque Umberto frequenta Botteghe Oscure e intanto, ormai romano, diventa amico di molti intellettuali, scrittori e poeti. Un giorno chiede a Moravia che cosa pensasse di Enzo Siciliano. E Moravia dopo adeguata riflessione decreta: Enzo Siciliano è Enzo Siciliano. Formula che poi applicò anche ad altri. Un omaggio a Lapalisse? Direi piuttosto l’affermazione di una vera amicizia che non tollera discussioni.
A Roma Umberto si sposa con Elisabetta e vanno ad abitare in via Giulia. Vedono amici, danno feste. Non sappiamo esattamente quante volte Umberto si è sposato, sappiamo che ad un certo punto Elisabetta se ne è andata. Poi ci furono, come ho detto, altri matrimoni e infine quello con Sonia (il primo in Chiesa) che prelude a una nuova vita di Umberto, ormai diventato psicoanalista. La nuova città dove ora vive è Padova. Sonia gli dà una figlia, Sofia, e Umberto diventa padre a tutti gli effetti e con Sofia scoppia l’idillio. Che sia la vera donna della sua vita?
Vien voglia di dire che a questo punto Umberto si è svegliato ed è entrato nella vita reale, ma non spetta a noi dirlo. Non spetta a noi interpretare un testo che ha la scrittura e lo spessore di un romanzo, ma anche i nodi non sempre sciolti di un’autoanalisi. Solo il sognatore sa se il sogno si è interrotto o se continua ancora a occhi aperti.
Il racconto sta per finire, ma autore e lettore torneranno indietro più di una volta per recuperare il passato e, appunto, impedirgli di passare una volta per tutte.