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 2021  giugno 25 Venerdì calendario

Il ritorno di Rovazzi. Intervista

Una coppia inedita si appresta a segnare l’estate italiana: Rovazzi insieme a Eros Ramazzotti con il singolo La mia felicità. Che è anche un video. Anzi, chiamare quelli di Rovazzi "videoclip" è sbagliato, perché sono di più, cortometraggi, opere creative che ambirebbero a diventare addirittura film, perfomance che mettono insieme musica, cinema, tv, Internet. Il brano, un funky leggero, potrebbe diventare uno dei tormentoni estivi, ennesimo capitolo nella fortunata carriera di Rovazzi, cantante, performer, youtuber, attore, comico, scrittore, che dal 2016 a oggi ha collezionato 15 dischi di platino e oltre 500 milioni di visualizzazioni con i suoi videoclip, dei quali cura personalmente sceneggiatura, regia e produzione. La mia felicità arriva dopo due anni di silenzio: «Mi ero riproposto di produrre un video semplice», ci dice in una pausa in un albergo romano (un set complicato che lo vede in una scena pendere dal soffitto), «ma alla fine me lo sono immaginato girato e ho detto di no.
L’idea di questo video mi era venuta all’inizio della quarantena, volevo addirittura farne un film, poi alla fine l’ho convertita in un clip, con un altro significato e un’altra storia, ma visivamente più bella e adatta a me. E quindi ci sono cascato di nuovo».
Questo "modus operandi", in cui video e canzone sono una cosa sola multimediale, la rendono un caso unico nel panorama italiano.
«Mi piace l’idea che i video diano un valore diverso alla musica. Se senti solo l’audio il film te lo fai da solo, invece così il film lo faccio io e chi lo ascolta può farsi il viaggio con me».
È un modo diverso di approcciarsi anche alla canzone.
«Se non fosse così sarebbe un altro lavoro, dovrei trovare comunque il modo giusto per rappresentare quello che voglio far vedere, non è mai "solo" una canzone. Che mestiere è il mio? Che ne so, non ne ho idea, lo scopriremo tra un po’.
Nella musica sono questo, sono altro in altri ambiti, sono piuttosto poliedrico e indefinibile».
Ma la musica è il filo conduttore.
«Abbiamo un bel rapporto. Mi piace molto stare in studio, sperimentare, trovare sonorità nuove. Stavolta con La mia felicità sono più funkeggiante, ho ascoltato troppo Calvin Harris… io vengo dall’Edm (Electronic Dance Music, ndr ), mi piace l’elettronica, la techno, è un mondo che si plasma a seconda delle stagioni, può essere larghissimo e superpop o di super nicchia, è un territorio molto libero».
Lei flirta volentieri con il mainstream...
«Alla fine tutti gli artisti lo fanno, alcuni lo nascondono altri no. E dato che tutti vogliono essere mainstream, perché lamentarsi quando lo si è? Certo oggi è più difficile, dopo tanti successi le aspettative sono alte, quindi c’è anche più paura di sbagliare. Ma la quarantena mi è servita per pensare a cose nuove e stare, finalmente, un po’ con me stesso. Dal 2016 non mi ero fermato mai, ho cercato quindi di respirare e di vivere, per crescere e conoscermi meglio, per ripartire con piacere».
Fare tutto da solo è un limite o un pregio?
«Mi aiuta molto. Ma mi piace collaborare con gli altri, come è accaduto ora con Eros. È stato un piacere immenso, anche perché mentre scrivevo ho pensato che la persona giusta fosse proprio lui e averlo convinto è stato fantastico. Ha lavorato con grande autoironia».
In una sorta di film di fantascienza…
«Sì, con una bella storia, perché devo ritrovare la felicità e riportarla al centro del pianeta…».