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 2021  giugno 25 Venerdì calendario

Le chiavi del Mar Rosso

La stabilizzazione del Sahel rappresenta una priorità per l’Italia». La frase pronunciata mercoledì da Mario Draghi alla Camera può sorprendere. In realtà, è solo la conferma di una dimenticata ma permanente direttrice geopolitica che traccia la frontiera di sicurezza avanzata del nostro Paese da quando esistiamo.
Prendete una carta dell’Africa. Congiungete Tunisi con Gibuti via Tripoli in direzione sud-est e con il delta del Niger verso sud-ovest. Ricongiungete quello sbocco nel Golfo di Guinea con Gibuti e vedrete emergere un vasto triangolo irregolare che ritaglia il cuore africano di Caoslandia. Immensa parte di mondo a bassissima pressione istituzionale e alta concentrazione di tensioni e conflitti, solcata da traffici obliqui di armi, droga, esseri umani che puntano verso lo Stivale e altre sponde europee.
Mareggiate d’instabilità che vanno gestite. Ma non da soli. Soprattutto non dovendo fronteggiare l’inumana, devastante logica dello scaricamigrante che governa l’approccio della riva nord del Mediterraneo alla quarta sponda e alle sue profondità sahariane e saheliane. Sicché noi fungiamo da terra assorbente verso cui convergono via Mediterraneo i flussi di Caoslandia.
Draghi parlava ai nostri deputati perché i suoi omologhi europei sentissero. Qualche modesto segnale di solidarietà viene in questi giorni da Germania e Francia, con i quali spartiremmo – un terzo per uno – l’accoglienza ai profughi salvati nel Mediterraneo, non quelli sbarcati direttamente in Italia. Il dossier migranti resta totalmente aperto.
Perché le sue radici sono molto più profonde di quanto appaiano a chi si concentri sulla quarta sponda, omettendone il retroterra desertico e saheliano, tra coriandoli di Libie, Golfo di Guinea e Corno d’Africa. Dove continua a infuriare, fra l’altro, il conflitto nel Tigray, evocato con preoccupazione da Draghi.Gli antichi nodi della colonizzazione e della decolonizzazione vengono al pettine e ci investono frontalmente. Dove un tempo dominavano gli europei oggi inciampiamo nel vuoto attraversato da mafie, milizie, tribù ed etnie in conflitto. Invito a nozze per Cina, Russia, Turchia e altre potenze in vena di grandezza. Installato a Tripoli, Erdogan si intesta un diritto di pedaggio analogo a quello fruito con il controllo della rotta balcanica e certificato dalla Germania via Ue. Considerato assieme all’arrivo dei russi in Cirenaica, il tono della nostra frontiera ravvicinata ne risulta stravolto.
Solo valutando le dimensioni del caos se ne coglie il senso di medio-lungo periodo. In parole povere: o ci occupiamo di Caoslandia o ci finiamo dentro. Non dovrebbe essere interesse francese o tedesco spostare alle Alpi la propria linea di sicurezza. Per questo dovremmo cogestire insieme a loro e ai pochi altri europei disponibili, con l’appoggio limitato ma decisivo degli americani (eppure le loro basi mediterranee avanzate sono in Sicilia, fronte a Tunisia e Tripolitania), l’instabilità che corre entro il triangolo nordafricano. L’annunciata costruzione di una nostra base militare in Niger, oltre a quella già incardinata a Gibuti, segnala questa disposizione ma non disegna un quadro strategico. Ne evidenzia l’assenza.
Il 23 gennaio 1885 uno dei nostri maggiori statisti, Pasquale Stanislao Mancini, avvertiva la Camera: “Le chiavi del Mediterraneo sono nel Mar Rosso”. Primi vagiti dell’Italietta coloniale. Nel contesto attuale, completamente rovesciato, quel monito vale molto più di allora.