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 2021  giugno 25 Venerdì calendario

Cottarelli spiega l’azionariato popolare per l’Inter

Una strada nuova per fare calcio. Prova ad aprirla la Interspac, guidata dal presidente Carlo Cottarelli. L’idea da radicare nel calcio italiano, come accade in altri campionati europei, è l’azionariato popolare. La prima proposta è per l’Inter, di cui Mister Spending Review è tifoso. Se funzionerà potrebbe diventare un modello per altre squadre della serie A. Oggi verrà lanciato un questionario online (survey.sportthinking.it) e resterà aperto fino al 15 luglio, per registrare l’opinione dei tifosi che in futuro potrebbero diventare azionisti del club nerazzurro. «Vogliamo portare avanti un grande progetto di azionariato popolare. Per rafforzare l’Inter con capitali forniti da noi tifosi, integrati da risorse di investitori istituzionali, in un quadro economicamente sostenibile. Già avviene in altre società gloriose, come il Bayern di Monaco», spiega Cottarelli. 
Il sondaggio che parte oggi e si chiude il 15 luglio a cosa serve esattamente? 
«È fondamentale partecipare. I tifosi rispondono a una domanda semplice: se ci fosse la possibilità di investire quanto metteresti? Se i riscontri saranno numerosi avremo potenziali investitori e, a quel punto, potremo presentarci con qualcosa di concreto all’Inter». 
Avete parlato con l’Inter? 
«La società è informata e non ha dato segnali negativi, se avesse voluto troncare lo avrebbe già fatto. Siamo nella fase di studio non di raccolta. Spero ci possa essere interesse anche per altri club». 
Il presidente Steven Zhang lo ha incontrato? 
«No, mai. Non è opportuno vedere la proprietà prima. Due anni e mezzo fa abbiamo parlato con gli amministratori, stavolta ancora no. L’idea è di cominciare a parlare con in mano qualcosa, non prima». 
L’Inter ha un valore vicino al miliardo, serve raccogliere un bel po’ per poter comprare una quota di minoranza e pensare di contare qualcosa. 
«Si deve decidere in che modo entrare e se la società è d’accordo. Si ragiona sulla base di quanto si pensa di poter raccogliere. Non si parla di qualche decina di milioni, ma di cifre rilevanti. Non si fa un’operazione simile per entrare con 30 milioni e basta». 
Citava il Bayern Monaco, hanno 170 mila tifosi azionisti, ma sono tre (Adidas, Allianz e Audi) gli investitori forti. In Italia ci sono? 
«L’Inter ha circa 4 milioni di tifosi, dipende da quanto ci mettono. Non voglio dare una cifra perché si creano aspettative. Il nucleo principale deve essere costituito dai tanti che mettono poco, poi possono esserci imprenditori o un gruppo che mette di più». 
A Bologna qualche anno fa ci hanno provato a coinvolgere gli imprenditori, dopo tre anni è finito tutto. 
«Quella era una cordata, qui il modello è il Bayern». 
Vogliamo portare avanti un progetto per rafforzare la squadra. Siamo ancora nella fase di studio. Spero che altri club seguano questa strada 
Proponete fasce di contribuzione diverse per i tifosi? 
«Non c’è un limite massimo, ma ce n’è uno minimo. Ci sono fasce dai 500 euro ai 1.000, dai 1.000 ai 5.000 e così via. Insomma non un obolo da 50 euro. Poi uno può mettere quanto vuole». 
Per poter entrare in società l’Inter deve vendere una quota: perché dovrebbe farlo? 
«Due motivi. Si porta capitale fresco a costo zero, evitando di pagare milioni di interessi. Si crea un legame stretto tra tifosi e squadra, così si aumentano le entrate di merchandising e biglietteria. Poi la società deve essere amministrata bene. In Germania il modello funziona. Puoi anche vincere senza spese pazze. L’idea dell’azionariato popolare è portare stabilità». 
Tutti gli anni i tifosi dovrebbero mettere una quota? 
«No, è una tantum. All’estero esistono anche modelli in cui viene pagata una quota annuale, ma è poca roba. La società non si mantiene in vita con i contributi dei tifosi». 
Gli azionisti avranno voce in capitolo, un rappresentante in cda? 
«Come nelle società per azioni ci sarà modo per far sentire la propria voce. La governance è importante. Se si entra con un capitale vanno discusse le regole». 
In quanti hanno già aderito a Interspac? 
«I soci fondatori sono 13, una quarantina i coinvolti, tutti tifosi interisti, giornalisti, gente di spettacolo, medici, cantanti, attori: il panorama è variegato». 
Se non ci fosse il riscontro atteso che succederà? 
«Ci sarà un rallentamento, ma l’idea resta valida e attuabile, anche in Italia».