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 2021  giugno 24 Giovedì calendario

Cairo racconta i vent’anni de La7 (sul suo giornale)

«Il mestiere bellissimo» dell’editore televisivo incontra Urbano Cairo verso la fine del 2012, ci vorrà appena qualche mese per celebrare un sodalizio tra i più riusciti e ancora oggi «ricco di passione e progetti per il futuro». Il 30 aprile 2013 Cairo, concessionario della pubblicità della stessa La7, acquista la rete già di riferimento per la tv d’informazione, con le grandi firme del giornalismo – Gruber, Mentana e Formigli tra gli altri – e tuttavia ormai quasi fallita sotto il peso delle perdite di bilancio. 
A guardarsi indietro, ora che l’azienda è risanata, cresce e anzi mette in fila i migliori ascolti dei suoi vent’anni di storia, c’è ancora una vertigine. «Non era per nulla scontato che ce l’avremmo fatta, il quadro metteva paura: La7 perdeva 100 milioni all’anno…quello era stato il suo trend nei dieci anni precedenti e per questo Telecom Italia Media decise di vendere», dice l’editore. Che a volte preferisce i numeri alle parole per descrivere la realtà: «Cento milioni di perdite all’anno corrispondono a circa 8 milioni al mese, 270 mila euro al giorno, 27 mila euro all’ora della giornata lavorativa, 500 euro al minuto. Ci scherzavo su e ci scherzo ancora: lavarmi le mani per due minuti mi costava mille euro…». 
La possibilità di realizzare il sogno coltivato sin da giovanissimo di avere a che fare con la tv (e con i giornali), poi diventato quasi un progetto nel semestre di studi e formazione da bocconiano negli Stati Uniti, alla New York University, ha avuto però la meglio su tutto. Consentendogli di restare in gara per l’acquisto di La7 e poi di avere la meglio nella short list dei candidati, «forse perché per fronteggiare quei 100 milioni di perdite l’anno e rilanciare La7 abbiamo accettato la dote più bassa rispetto ai concorrenti, 88 milioni». 
Cos’ha trovato Cairo al suo arrivo a La7? «Prima di tutto grandi professionisti, eccellenti conduttori e giornalisti. E un manager interno in gamba come Marco Ghigliani, l’attuale amministratore delegato, con il quale ci siamo trovati bene da subito. Nessuno dei 420 dipendenti è stato mandato via». La spending review è durata meno di un anno e non ha visto tagli lineari. «Quello che conta è la velocità con la quale intervieni. Il punto è eliminare gli sprechi, riorganizzare la spesa in modo mirato, tenendo sempre aperto il cantiere delle idee e delle nuove iniziative e se possibile renderlo sempre più grande. Certo, quando ho visto le cifre astronomiche che spendevamo per esempio in taxi, qualcosa come 600 mila euro all’anno, ho suggerito di fare un bel falò di quei blocchetti di coupon». 
La sfida vinta ha rafforzato la squadra che più di recente ha visto acquisti importanti. Il 2017 è l’anno dell’accelerazione. Nel giugno arriva il nuovo direttore di rete Andrea Salerno, giornalista e autore, e a seguire la squadra di «Propaganda Live», la trasmissione «cult» di satira condotta da Diego Bianchi «Zoro» che debutta il 29 settembre. Massimo Giletti firma ad agosto, lascia la Rai e diventa il volto e l’anima di «Non è l’Arena», un grande successo. E poi le inchieste di Formigli a «PiazzaPulita», le maratone di Mentana («imperdibile anche col suo tg»), «8 e Mezzo» di Lilli Gruber, il più seguito programma di informazione politica, gli approfondimenti di «Atlantide», condotto da Andrea Purgatori, il seguitissimo «DiMartedì» di Giovanni Floris (l’esordio è del 2014) e le trasmissioni della giornata, a partire dall’«Aria che tira» di Myrta Merlino e «Tagadà» di Tiziana Panella, fanno correre gli ascolti generali (sesta rete nazionale in prime time dal 2018 e in alcuni mesi quinta o quarta) e quelli del pubblico alto, con il secondo posto in classifica tra i telespettatori laureati e quelli di classe socioeconomica elevata. 
«È andata rafforzandosi nel tempo, e ancor più durante la pandemia, la vocazione di servizio pubblico. Una straordinaria offerta informativa, di approfondimento e appunto di servizio ai cittadini è rimasta accesa ed è cresciuta nei mesi del Covid. Ed è rimasta alta ora che si tratta di accompagnare la ripartenza». 
Da quell’aprile 2013 molte trasformazioni hanno investito il mondo dei media, Cairo stesso nel frattempo ha allargato molto il perimetro della sua attività con la scalata a Rcs, il gruppo del «Corriere della Sera», condotta nell’estate del 2016. «Quello dell’editore è sempre un mestiere bellissimo, anche se è diventato molto più complesso. Ma qualsiasi attività imprenditoriale è molto più complessa di qualche anno fa. Fare automobili è più complesso. Fare la banca è più complesso. Per l’avvento del digitale e per la società e i mercati che evolvono». 
Dove sarà La7 nei prossimi anni? «La tv generalista ha tenuto bene e anzi è molto dinamica pur in un mondo televisivo sempre più competitivo. C’è un gruppo di persone che lavora senza sosta. Abbiamo ancora spazio, passione ed energia per fare di più. E inventarci il futuro».