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 2021  giugno 24 Giovedì calendario

Il M5s deve emanciparsi dal fondatore Grillo

Il fondatore a un certo punto diventa figura ingombrante per qualsiasi partito che aspiri a radicarsi nella società sul lungo periodo. La Dc e il Pci non sarebbero mai diventati partiti di massa se non avessero deposto Luigi Sturzo e Amadeo Bordiga, anche se hanno visto la luce grazie alla loro iniziativa controcorrente (Antonio Gramsci, per dire, manteneva forti perplessità sulla scissione). Lo stesso fascismo ha dimostrato capacità di perpetuarsi ben oltre la caduta di Mussolini. Allo stesso modo, per il forzaleghismo si prefigura un domani oltre Berlusconi e Bossi.
A differenza dei tanti partitini personali prosperati e decaduti nel legame indissolubile col loro fondatore, il MoVimento 5 Stelle è chiamato a fare i conti con l’anomalo ruolo di Beppe Grillo proprio perché non è mai stato solo il suo megafono. È cresciuto oltre le sue aspettative. Con alti e bassi, perdura sulla scena italiana da ben oltre un decennio. Il Fronte dell’Uomo Qualunque, per fare l’esempio opposto, si è dissolto dopo soli tre anni.
È dunque inevitabile che, in procinto di rifondarsi, e dovendo introdurre regole democratiche di vita interna funzionali a una presenza territoriale finora carente, il M5S sia costretto a fare i conti con una figura gerarchica ambigua qual è il Garante. Garante di che cosa? Ho sempre trovato fastidiosa l’ironia con cui Grillo usa autodefinirsi l’Elevato. Sopra chi e che cosa ritiene di elevarsi, tanto da rivendicare un’investitura a vita, come un monarca o un papa, sia pure travestito da giullare? So bene che ai suoi occhi il sottoscritto altro non è che un fantoccio del potere – qualche volta me l’ha scritto – ma è ai suoi sostenitori che oggi Grillo deve una risposta. Lui che ha avuto l’arditezza di definire “grillino” perfino Draghi, confidando su un senso dello humour anch’esso inevitabilmente datato.
Non a caso la questione si pone adesso nel confronto con un leader, Giuseppe Conte, che a suo tempo fu designato nelle segrete stanze, ma che nel frattempo si è conquistato nell’azione pubblica una significativa credibilità. Davvero Conte, una volta ricevuta l’investitura degli iscritti, dovrebbe lasciare a un Garante l’ultima parola sulle scelte fondamentali del MoVimento? Cercando una giustificazione a tale pretesa, ne trovo solo due, per ragioni diverse entrambe inconsistenti. La prima sarebbe la riconoscenza: il fondatore ha meriti storici che non possono essere disconosciuti, limitarsi ad accantonarlo sarebbe irrispettoso. D’accordo, ma da qui a concedergli la titolarità di un potere di veto, ce ne corre. Ancor meno accettabile è l’altra motivazione: quella, cioè, secondo cui in Grillo risiederebbero innate virtù taumaturgiche; impersonerebbe l’anima del MoVimento per il solo fatto di averlo concepito. Qui però ci addentriamo nel campo della superstizione, una sorta di infallibilità sancita per statuto. Roba d’altri tempi.
Qualcuno lo dovrà pur dire. Il numero di cittadini italiani che fanno dipendere i loro orientamenti politici da una speciale ammirazione per Beppe Grillo, col passare degli anni, si è naturalmente ridimensionato, proprio come avvenne ai fondatori dei partiti che citavo all’inizio. Votare M5S non equivale più a votare Grillo. Lui per primo dovrebbe compiacersene.
Per quanto rimanga indefinito il profilo politico, culturale e sociale di un MoVimento che si immaginò pigliatutto, ma che dall’antipolitica s’è ritrovato al governo, e che infine ha dovuto scegliere di collocarsi nel centrosinistra, le scelte strategiche con cui Conte è chiamato a misurarsi sono ormai di ben altra natura. Personalmente dubito che il M5S possa ritagliarsi un futuro da forza moderata (“liberale e moderata”, per dirla con Di Maio). Chi siano questi famosi moderati in un Paese, l’Italia, che ha visto prosperare da Berlusconi in poi l’anomala figura degli estremisti di centro, devono ancora spiegarmelo. Da Casini e Alfano, fino a Renzi e Calenda, mi pare che i partiti di centro non riescano a schiodarsi da percentuali esigue.
Se invece il potenziale del M5S continuerà a risiedere nella capacità di rappresentare come in passato una protesta radicale e l’aspirazione a cambiamenti strutturali di sistema, non sarà certo più l’icona di Grillo a simboleggiare questo spirito. La sua comunicazione risulta usurata, inevitabilmente. Semmai la brutale semplificazione che la contraddistingue, ha ostacolato fin qui l’apporto degli intellettuali e dei quadri dirigenti senza cui un partito radicato nella società va in affanno. Conte dovrà tentare un loro non facile recupero.
Tanto per cominciare, mi auguro che Conte trovi il coraggio di fare chiarezza sulla spinosa questione del Garante: in bei modi o con uno strappo, faccia lui, ma questo è un passaggio ineludibile. Quanto a Grillo, un grande uomo di teatro sa programmare anche la propria uscita di scena.