Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  giugno 23 Mercoledì calendario

La diversità di Domenico Berardi

Chiacchiere sulla formazione per Wembley: il ballottaggio tra Verratti e Locatelli, chissà se il terzino destro sarà ancora Toloi, sempre su quella fascia – ma qualche metro più avanti – Berardi dovrebbe riprendersi il suo prato.
Anche in allenamento Domenico Berardi alimenta l’idea di una certa diversità. Lui cuce e ricuce, un sinistro come dono del Cielo, accelerazioni che si fermano improvvise, dribbling, l’uomo saltato, il taglio verso il centro, la testa alta (l’opposto di Chiesa, che invece la tiene bassa, incassata tra le spalle come per condanna, nonostante i consigli di Cristiano Ronaldo e Pirlo, lo scorso inverno, alla Continassa: non guardare il pallone, guarda i compagni). 
A proposito di Juve e della sua gente di linea laterale: per curiosa coincidenza Chiesa e Bernardeschi si sono fiondati, lasciarono Firenze senza nemmeno guardarsi dietro; Berardi ha invece sempre declinato le offerte dei bianconeri: grazie, sto bene a Sassuolo. Una volta, due volte. Ostinatamente. Non vengono in mente altri calciatori così decisi nel sottrarsi alla vertigine juventina (se parliamo di calciatori: poi, naturalmente, tutti ricordiamo il grandioso rifiuto di Gigi Riva, ma giggirriva, Rombo di tuono come lo chiamava Gianni Brera, è un Dio del calcio, e non fa precedente). 
In un paio di interviste Berardi ha spiegato di essere rimasto piuttosto spaventato dall’esperienza torinese del suo ex compagno di squadra Simone Zaza, con molta panchina, molte difficoltà di inserimento nello spogliatoio. 
Può essere che abbia influito. 
Forse però c’è altro. 
C’è un carattere forte, ruvido (6 rossi in 238 partite di serie A, 64 gialli), c’è un pensiero libero: fatevi bastare il mio calcio (86 gol, 57 assist). Poi c’è un panorama: Berardi è nato a Cariati Marina, perché lì c’era l’ospedale più vicino a Mirto Crosia, la Calabria greco-bizantina di roccia e di vento, di uomini che conoscono la fatica e il sogno. Ognuno sa di potersi scegliere il proprio. 
Berardi diventa protagonista a 26 anni. 
Ciascuno di noi ha il suo tempo. 
José Saramago arriva alla notorietà a 60 anni, quando gli pubblicano «Memoriale del convento». 
Berardi è chiamato da Mancini per giocare nel ruolo che doveva essere di Zaniolo, e che poi sembrava essersi preso Chiesa (Bernardeschi non sarebbe il terzo o il quarto della fila se, quando gioca, invece di sfoggiare solo bicchieri di classe e capelli grigio Croma metallizzato, mettesse più cazzimma). Sul quel tratto di campo, in azzurro, abbiamo avuto sempre grandi calciatori. Da Domenghini (atipico, ma meraviglioso) a Causio, a Bruno Conti (forse, nel ruolo, il migliore). Ad un certo punto avevamo una tale abbondanza di ali tattiche che uno come Claudio Sala non riusciva a trovare spazio. 
Berardi non assomiglia a nessuno. Una volta sono riusciti a fargli dire che si ispira a Robben. La verità è che non sembra il tipo di persona capace di copiare: Berardi è uno che si basta parecchio. Per questo, alla fine del campionato d’Europa, sarà molto interessante capire se, anche stavolta, preferirà restare a Sassuolo. 
Giovanni Carnevali, l’amministratore delegato della società, è stato esplicito: «Non posso promettere che Berardi resterà con noi. Non è una questione di denaro. È un ragazzo speciale. Quindi deciderà anche rispetto al nuovo allenatore, che quest’anno sarà Alessio Dionisi». 
Berardi ha avuto un rapporto eccezionale con Di Francesco, molto buono con De Zerbi. È davvero uno di quei calciatori che vuole capire bene da chi deve prendere ordini. Poi, certo: Carnevali dice che i soldi non c’entrano. Ma dipende. Bisogna sempre vedere quanti sono. Per il calciatore, e per il Sassuolo. Valutazione di mercato: tra i 50 e i 60 milioni. Cifre da Premier. 
E così torniamo a Wembley. 
Nel mito. 
Ed è molto divertente leggere su una biografia che Berardi – una compagna e un figlio di pochi mesi – fu scoperto a sedici anni su un campo di calcetto, a Modena (date retta: il destino sa riconoscere ovunque il talento primordiale).