Corriere della Sera, 23 giugno 2021
La vana battaglia contro le grandi navi
«Oltre alle petroliere vanno estromesse anche le grandi navi da crociera (fino a 50.000 tonnellate) che ora si lasciano entrare persino nel bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca», disse a nome di Italia Nostra lo storico e accademico Gherardo Ortalli. Era il gennaio del 2000. Leggere oggi, ventuno anni dopo il grido d’allarme (il quintuplo del tempo impiegato dalla Serenissima dal 1600 al 1604 per lavori giganteschi come il taglio del Po: il quintuplo!) che l’Unesco «sottovaluta gli sforzi che si stanno facendo» (copyright Pier Paolo Baretta) lascia basiti. Ma come: quella che forse è la massima istituzione culturale internazionale chiede con urgenza una «soluzione di lungo periodo», che dia «massima priorità all’ipotesi di impedire totalmente l’accesso in laguna» delle Grandi Navi riportate a Venezia nonostante gli ipocriti impegni presi a ridosso dell’incidente alla Mona Lisa a Riva degli Schiavoni nel 2004, della catastrofe all’Isola del Giglio nel 2012, dell’agghiacciante sbandata della Msc Opera che investì un’altra nave e fece accapponare la pelle a tutti nel 2019, c’è ancora chi chiede tempo? Quanto? Fino al prossimo sindaco? Al prossimo governatore? Al prossimo premier? Un anno? Dieci? Trenta?
C’è da stupirsi, semmai, della pazienza della stessa Unesco, che già più volte, sotto la spinta di Italia Nostra, Venetian Heritage e altre associazioni culturali di mezzo mondo aveva paventato l’ipotesi di inserire Venezia tra i siti a rischio. Certo, il problema non è di facile soluzione, tanto più dopo la scelta negli anni Novanta di puntare sempre di più sulle navi da crociera. Ma la politica dei rinvii, finora, ha fatto solo disastri. Davvero «un concorso internazionale di idee» (nessuno ha sentito sbandierare queste parole più volte dei veneziani: nessuno) può essere rivenduto come una svolta? Troppe volte, a Venezia, sono state buttate lì idee balzane. E mica solo nei secoli. Ancora tre anni fa, nel 2018, il presidente dell’aeroporto Enrico Marchi propose: «Se io dovessi sognare, l’ideale sarebbe realizzare una funicolare. Dal punto di vista ambientale sarebbe sostenibile: pianti i pali di sostegno e, se un giorno serve, li togli senza troppi problemi». Che ti frega se quei tralicci altissimi sbucherebbero sopra i campanili? Uffa, i passatisti...