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 2021  giugno 23 Mercoledì calendario

A Shanghai la mostra d’arte che cataloga le ragazze

Dieci anni fa un giovane cinese ha fotografato e filmato in segreto migliaia di studentesse in un campus universitario. Poi ha catalogato le cinquemila ragazze in base al suo gradimento estetico, «dalla più bella alla più brutta» e ha montato il tutto in un video di oltre sette ore. Opera di un maniaco? No, opera d’arte sostiene l’autore Song Ta, trentatreenne di Canton che si diletta anche con il fashion design. 
La sua collezione è stata prodotta nel 2012 e mostrata per la prima volta al prestigioso Ucca di Pechino nel 2013, ricevendo critiche negative ma passando quasi inosservata, nonostante l’autopromozione provocatoria dell’autore. 
Song Ta, intervistato, invitava il pubblico a prendere visione del suo progetto artistico arrivando presto, all’inizio delle sette ore e passa di filmato, perché «è lì che ci sono quelle belle, poi vengono le meno carine, poi le brutte e in fondo le imperdonabilmente brutte, inguardabili. Così, se volete ammirare la reginetta dell’università dovete affrettarvi, in fondo c’è l’orrore, donne che possono turbare la gente impressionabile». 
Il collage di immagini rubate senza il consenso delle studentesse è riemerso ora, accolto dal museo privato di arte contemporanea Ocat di Shanghai. Ma questa volta ha fatto scandalo. La compilazione ha un doppio titolo, in inglese e cinese: «Uglier and Uglier» (sempre più brutte) e «Jiaohua» (Fiori di campus). Sui social network mandarini Song e il museo sono stati accusati di misoginia, guardonismo, oggettivizzazione del corpo femminile. L’hashtag #SongTaFioridicampus è stato visto 100 milioni di volte e ha creato un’onda di sdegno che ha spinto a intervenire anche la stampa statale. Il  Global Times, fratello in lingua inglese del Quotidiano del Popolo ha chiesto un parere legale al giurista Zhang Bo che ha rilevato una possibile violazione del nuovo codice civile: «Le studentesse che si riconoscono nel video potrebbero chiedere a Song un risarcimento e la rimozione delle loro immagini usate senza autorizzazione». 
Di fronte alle proteste, la galleria d’arte di Shanghai si è scusata, ha ritirato l’installazione e chiuso i battenti per «riorganizzazione interna». 
Il caso forse non è chiuso. Molti hanno osservato che solo ora la Cina sembra accorgersi che nel mondo da anni è nato il movimento #MeToo contro ogni forma di molestia sessista nei confronti delle donne. «Quel filmato è spazzatura e il museo si è prestato a pubblicizzarla, dovrebbero andare in galera sia Song sia i curatori», si legge su Weibo, il Twitter cinese. 
Song Ta ora che è famigerato, più che famoso, tace. Non risponde alla stampa cinese né a quella internazionale. L’ultima intervista risale al 2019: si era detto felice di essere considerato il «cattivo ragazzo» del panorama artistico, intenzionato a sfidare il «politicamente corretto» e aveva chiuso sostenendo di «avere il diritto di dire la verità su bellezza e bruttezza».