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 2021  giugno 22 Martedì calendario

Biografia di Xavier Bertrand

C’è qualcuno che può scongiurare il pericolo che Marine Le Pen diventi presidente di Francia? Visti i risultati del primo turno delle elezioni regionali, che per il partito di Emmanuel Macron e i suoi rappresentanti sguinzagliati in tutta la Francia è stato un disastro, tanti francesi iniziano a guardare piuttosto verso un altro personaggio, Xavier Bertrand. In lotta perenne con qualche chilo di troppo e un passato da oscuro assicuratore in una landa depressa del settentrione francese, l’uomo non ha niente a che vedere con il piglio brillante di Macron. Neppure si sogna, come lui, di proclamare la fine del divario fra destra e sinistra. Perché Bertrand si autodefinisce un «rappresentante della destra sociale e popolare» o, all’occasione, «della destra gollista». Non alza i toni ed è rassicurante (un falso modesto, secondo le malelingue). Ma forse proprio lui è l’antidoto anti estrema destra.
Domenica negli Hauts-de-France, la regione del Nord, dove il partito della Le Pen cresce da anni, sfruttando il disagio sociale della deindustrializzazione, Bertrand, che è originario di lì, ha fatto sbarramento. Al primo turno, a capo di una lista della destra classica, ha conquistato il 41,4% dei consensi e Sébastien Chenu, il capolista del Rassemblement national, la formazione lepenista, si è fermato al 24,4. Un magro 9,1% è andato al macronista Laurent Pietraszewski. Bertrand non dovrebbe avere problemi a passare al ballottaggio domenica prossima. Lui è già governatore, eletto nel 2015, ma allora al primo turno aveva trionfato Marine Le Pen, candidata nel Nord, e Bertrand era stato eletto al ballottaggio solo grazie ai voti della sinistra. Questa volta, invece, la vittoria è tutta sua.
Ad aprile si è candidato alle presidenziali del 2022. E pochi giorni fa un sondaggio del Figaro ha indicato che, se andasse al ballottaggio con la Le Pen, la distaccherebbe più ampiamente di Macron. Ma chi è Bertrand? Ha 56 anni. Figlio di due impiegati bancari di provincia, all’età di 16 anni si avvicinò all’allora Rpr, il partito della destra neogollista, attratto dalla figura di Jacques Chirac. Si è laureato in diritto pubblico a Reims e ha preso un master in amministrazione locale. Ma non ha fatto Sciences-Po, la prestigiosa scuola universitaria di Scienze politiche di Parigi, e l’Ena, la scuola d’amministrazione dell’élite, come Macron o simili. «Il sistema non mi ha mai accettato, non faccio parte dell’aristocrazia politica», ha confidato a Le Monde. Ma la forza di rivincita del provinciale lo fece eleggere deputato a 37 anni. I colleghi lo chiamavano «floc floc», per il rumore che facevano le sue scarpe troppo grosse, comprate in un emporio di Saint-Quentin, la città da dove veniva.
Ma Xavier saliva, saliva. E sarà ministro della Sanità con Chirac presidente e tre volte quello del Lavoro con Nicolas Sarkozy. «È il più affamato di tutti noi», ha detto di lui Rachida Dati (pure lei nella destra emarginata dai «compagni» della borghesia). Nel 2015 Bertrand viene mandato dal partito (diventato Ump, oggi sono i Repubblicani) ad affrontare la sfida con la Le Pen nel Nord. La vince e capisce, passando da un mercatino all’altro, in mezzo alla sua gente (l’aveva un po’ dimenticata), «il fallimento della nostra politica da trent’anni a questa parte». Nel 2017 ha addirittura lasciato i Repubblicani (che però sarebbero pronti a sostenerlo, se il fenomeno Bertrand si confermasse ulteriormente). Xavier risponde a una domanda di destra classica e dal volto umano che hanno oggi i francesi, di un conservatorismo non gridato. La nostalgia di Jacques Chirac, che mangiava il salame con i simpatizzanti (e parlava mentre masticava). Xavier forse è l’uomo giusto al momento giusto.