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 2021  giugno 22 Martedì calendario

La strage dei cani di Yuli

Con il solstizio d’estate è tornato il Festival di Yulin. È assurdo usare un’espressione festosa per una strage: quella dei cani che vengono catturati, chiusi in gabbia e squartati per finire in pentola nella città cinese. 
Dopo anni di critiche sembrava che la sagra che a noi fa orrore dovesse essere proibita. Ma non è così. Nell’aprile del 2020 il ministero dell’Agricoltura di Pechino aveva annunciato un «riordino delle risorse alimentari». Il testo elencava il bestiame, dai maiali al pollame, che può essere allevato per finire nella catena alimentare; i cani (e i gatti) non erano inclusi. In realtà non erano mai stati inseriti nel «catalogo ministeriale degli animali da carne». 
Ma per la prima volta le autorità della Repubblica popolare cinese si erano interessate ai cani, osservando che «con il progresso della civiltà e le preoccupazioni della gente per la protezione della natura, i cani non sono più considerati soltanto animali domestici, ma compagni dell’uomo, come nel resto del mondo». 
Compagni dell’uomo (le statistiche dicono che nelle case dei cinesi ci sono circa 188 milioni di cani e gatti e che i padroni spendono 26 miliardi di euro all’anno per loro). Esclusi dall’allevamento a fini alimentari. Ma ancora soggetti a razzie per rifornire il mercato di Yulin e quelli di altre città. 
Ieri gli attivisti di Humane Society International hanno fermato sull’autostrada che porta a Yulin, nella regione meridionale del Guangxi, un camion carico di cani. Ce n’erano 68, in condizioni sanitarie pietose, pigiati in gabbie, sfiniti dal viaggio, disidratati e terrorizzati. «Il loro comportamento ci ha fatto capire che si tratta di animali abituati al contatto con l’uomo, ci hanno messo la zampa tra le mani, dovevano essere stati rubati in giro per la Cina dai fornitori del Festival», ha riferito Liang Jia, di Humane Society International.  
Perché non è stato dato l’ordine di porre fine al Festival? La domanda è stata posta a Pechino alla signora Hua Chunying, una dei portavoce del ministero degli Esteri cinese. 
Risposta: «Anzitutto non è una questione diplomatica. Comunque, il governo centrale ha appreso dalle autorità di Yulin che la gente del posto ha l’abitudine di mangiare i frutti del litchi e la carne di cane nei giorni del solstizio d’estate. Una preferenza alimentare degli individui. Non c’è alcuna celebrazione ufficiale, il governo locale non ha mai sostenuto né organizzato un cosiddetto Festival della carne di cane». 
La strage del solstizio d’estate non è una antica tradizione cinese. I commercianti di Yulin hanno inventato la «festa» nel 2010, per richiamare turisti. 
Il consumo di carne di cane è ancora considerato «salutare» in gran parte dell’Asia: 30 milioni di animali vengono uccisi e mangiati ogni anno, dalla Corea alla Cambogia; i due terzi in Cina.