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 2021  giugno 22 Martedì calendario

Intervista a Ezio Greggio

Si racconta senza rimpianti. La gita scolastica a Parigi, quando viene ipnotizzato da Jean-Paul Belmondo sul set, il padre imprenditore come modello, la provincia, la tv con Antonio Ricci che gli cambia la vita.
«Se sono un comico che sogna il ruolo drammatico? No», risponde Ezio Greggio, «mi piace quando la gente mi viene incontro sorridendo. Niente come la commedia dice la verità e gli attori che strappano un sorriso fanno un servizio sociale. Ho fondato il Festival della commedia di Montecarlo con Mario Monicelli.
Lui, Dino Risi, Steno, ma includo anche Fellini, hanno raccontato l’Italia» . Greggio ha 67 anni portati da sportivo. Venerdì riceverà al Festival di Benevento il premio alla carriera, la prossima stagione tornerà a condurre Striscia la notizia con Enzo Iacchetti. «Ricci è il più grande conoscitore della tv» .
Greggio, da ragazzino com’era?
«Sono nato a Cossato, in provincia di Biella, in una famiglia che sembrava uscita da un film, i battibecchi tra mia madre e mio padre ricordavano quelli di Sandra e Raimondo. Papà, dirigente d’azienda alla Fila, faceva rigare dritti me e mia sorella. Ci riunivamo tutti quando arrivava lo zio Zelino dall’Argentina. Infanzia serena.
Cossato era legato al mondo del tessile, io avevo la vocazione per lo spettacolo».
Quando lo ha scoperto?
«A scuola. Alle medie organizzai una recita in cui prendevamo in giro i professori. Tanti complimenti ma mi rimandarono, però con i soldi dello show finanziammo la gita a Parigi. Eravamo alla Basilica del Sacro Cuore, grande folla, mi intrufolo: Jean-Paul Belmondo girava un film. La giornata più bella della mia vita. Passano gli anni, conosco Paul Belmondo. Mi chiama e mi passa il padre Jean-Paul: "Je suis coupable". Sì, è il colpevole se faccio questo lavoro».
È cambiato il modo di ridere?
«Oggi è tutto più veloce ma già a
Drive in cambiammo il varietà, non facevamo i monologhi, c’era grande ritmo. Difendevamo la pubblicità e creavamo l’attesa. Chi fa il nostro mestiere deve essere rabdomante della risata. Sono felice, ho un pubblico di ragazzi».
Che ha capito del suo lavoro?
«Che devi stare al passo coi tempi.
Uno degli incontri più belli è stato con Peppino De Filippo. Gli chiesi perché avesse abbandonato Pappagone. Mi diede un buffetto.
"Quando vado in giro, voglio che mi salutino ‘Buongiorno commendator De Filippo’, non ‘Guarda c’è Pappagone’. Devi essere più forte del personaggio"» .
A lei cosa dicono?
«La gente ripete i tormentoni di
Striscia , ricorda i personaggi. Ho lavorato tanto con Carlo Vanzina, un amico meraviglioso, come lo è il fratello Enrico. Da Yuppies in poi, quanti film».
Cosa ama dei comici?
«John Landis mi raccontava di Jerry Lewis, che già adoravo: è stato accanto a Stan Laurel, che aveva difficoltà economiche, finché è morto. I comici hanno una sensibilità notevole e chi è più sensibile ha più capacità di sentire».
Davvero non sogna un ruolo drammatico?
«Quando Pupi Avati mi raccontò Il papà di Giovanna gli ho detto: "Mi piacciono tutti i ruoli, per te faccio anche Giovanna". Grazie a lui ho vinto il Nastro d’argento, il Globo d’oro, il premio Flaiano».
L’incontro con Berlusconi?
«Divertente. Con Giancarlo Nicotra e Antonio Ricci stavamo lavorando a Drive in . Berlusconi ci aveva commissionato un altro tipo di trasmissione, in cui i comici davano lezioni alle soubrette. Andiamo in via Rovani e gli facciamo vedere la puntata. Era seduto davanti a noi, ogni tanto si voltava: che cavolo avete fatto? Però rideva. "Non è quello che vi ho chiesto ma funziona. Se mi prendete ancora per i fondelli, con me avete vita breve".
Drive in parte su Italia 1, fa ascolti pazzeschi, e va su Canale 5» .
Che gli consiglierebbe: è giusto fondere Forza Italia con la Lega?
«Parlo di politica solo quando faccio
Striscia … Credo che Silvio abbia le sue motivazioni, è ovvio che deve confrontarsi con Salvini e la Meloni.
È indubbio che, anche se non fossero uniti attraverso una federazione, una cooperativa o un nuovo partito, di fatto lo sono» .
È considerato di destra o un qualunquista. Quando non ha voluto la cittadinanza onoraria di Biella, perché il Comune aveva rifiutato quella a Liliana Segre, è passato per paladino della sinistra.
Come stanno le cose?
«Negli anni ho avuto offerte a candidarmi dal Partito democratico, poi da Forza Italia.
Cercavano i volti noti. Io non sto con nessuno. Ho una famiglia di martiri partigiani, papà partì nel ’42 e tornò nell’agosto del ’45, si è fatto due campi di concentramento. Ha raccontato la sua vita nel libro Il soldato Nereo, scritto per la famiglia. "I miei sono in Piemonte a combattere, non vado a sparare contro fratelli e cugini". Un esempio. Mi spiace deludere chi mi vede da una parte o dall’altra. Sto con le brave persone».
Per esempio?
«Draghi e il generale Figliuolo che ha seguito la campagna vaccinale.
La gente non trova più riferimenti a sinistra, a destra o al centro.
Servono persone di buona volontà.
Sappiamo riconoscere i bravi attori dai pessimi: in politica pochi buoni attori, troppi figuranti».
Ha una soluzione?
«I sindaci sono responsabili, non serve la politica fasulla. Bastano loro. La gente vota chi si prende cura della comunità».
Di cosa va più fiero?
«Dei miei figli: Giacomo si occupa di finanza a Londra. Gabriele fa l’attore, ha studiato a New York e a Londra, è indipendente. Fa la sua carriera che non è la mia, io vengo dalla scuola del pubblico, del cabaret. Poi sono fiero dell’associazione che ho fondato nel 1994 per aiutare i prematuri».