la Repubblica, 22 giugno 2021
Come vestirà l’uomo nel 2022
«L’uomo deve nascere, vivere e morire vestito di un’eleganza composta. Sulla moda femminile ci si può divertire, con quella maschile no. Al massimo si inventa, ma non ci si diverte». In una stagione in cui diversi designer si sono apertamente rifatti allo stile rilassato, misurato e senza tempo inventato da Giorgio Armani, è il designer stesso a riportare il suo dna in passerella, nel cortile della sua storica sede in via Borgonuovo, dal vivo: «Il digitale aiuta, ma la sfilata è essenziale per capire una collezione», spiega.
Pochi colori, una palette che si muove tra blu, bianco, sabbia e poco rosso, e silhouette definite, ma morbide; il corpo non è costretto, che siano le bluse e i pantaloni di seta (con le mascherine in tinta per il finale) che le giacche monopetto o i bomber con i gilet coordinati. Ci sono pure i bermuda e le tute, ma tutto è pensato per funzionare anche fra vent’anni. «Quello che vedo suggerito dalla moda di oggi non ha nulla a che fare con me, quindi me ne allontanerò sempre di più», dice lui con una notevole verve, se si pensa al recente ricovero: è caduto all’uscita da un cinema, rompendosi l’omero. «Venti giorni fa mi hanno operato e dato 17 punti. Quindi, se c’è qualche piccola incertezza anche solo nel deambulare, sapete perché» ha svelato sorridendo ai giornalisti.
«Del “gregge” mi infastidisce la supponenza, ma non voglio fare polemiche: è inutile che io mi sforzi di essere come gli altri. Non lo sono», riflette lo stilista, che per la prima volta è uscito in passerella con Leo Dell’Orco, suo collaboratore da 40 anni e responsabile del menswear. «Con Leo e Silvana (Armani, la nipote, ndr ) sulla donna sto preparando il futuro del marchio», conclude.
Se da un lato l’uomo secondo Armani resta adulto, all’opposto si colloca quello teorizzato dal Prada di Miuccia Prada e Raf Simons. I due hanno optato ancora per una presentazione digitale, con i modelli che marciano in un tunnel rosso illuminato dai neon, per sbucare su una meravigliosa spiaggia sarda, tra scogli e mare cristallino in cui i ragazzi si tuffano, mocassini e calzini ai piedi. Nelle note parlano di un ritorno all’innocenza e alla natura come antidoto al buio degli ultimi mesi.
Simons si spinge pure oltre, e paragona lo spirito della collezione alla gioia di un bambino che va al mare. Il discorso è chiaro, ma il ritorno all’infanzia di cui il belga parla è un po’ troppo presente tra le tute corte di cotone, i top e i costumi ( troppo corti per definirli pantaloncini) nelle stampe tappezzeria simbolo del brand, gli impermeabili e le giacche a scatola sui pantaloni arrotolati.
Studiando i pezzi da vicino, è evidente che siano molto ben pensati è sempre di Prada che si parla –, e molto vendibili: i cappelli con il logo- portamonete e i secchielli di tela faranno furore. Il problema è l’immagine che emerge: l’uomo Prada è sempre stato giovane e lontano dai cliché del maschio alfa, ma questi più che ragazzi sono ragazzini.
Pure Massimo Giorgetti con il suo Msgm se ne va in spiaggia: suo punto d’inizio è stato il lavoro di Stephen Milner, che negli anni Novanta fotografò la scena surf gay californiana. Per ricreare le atmosfere e la spontaneità di quelle immagini, i pezzi mostrati nel video girato sulla costa maremmana sembrano già “vissuti”, con i capi invecchiati e rovinati ad arte.
I jeans sbiaditi, la maglia grossa di fettuccia riciclata, gli anorak stinti, le T-shirt a effetto muta di neoprene, le sirene (che si vedono anche da Prada) stampate sulle camicie over: tutto è più lavorato rispetto alle sue altre collezioni, e di conseguenza costerà un po’ di più. Per Giorgetti il suo pubblico, costituito in gran parte da ragazzi, è pronto per un prodotto più alto. Una bella scommessa. Sono giovani sportivi, ma più composti, pure i ragazzi di Andrea Pompilio per Harmont&Blaine. Anche loro puntano sul colore, solo che al contrasto preferiscono il tono su tono.
Kean Etro fa a modo suo, evitando studi di marketing e retropensieri, e mandando in passerella solo ciò che gli piace davvero. Vale a dire, spiega, i pantaloni metallizzati sotto le camicie decorate con le stampe del womenswear, i completi sfumati, le lavorazioni a effetto kilim o i motivi simili alle pitture rupestri, in un vorticoso omaggio ai grandi viaggiatori, da Bruce Chatwin ad Agatha Christie. L’effetto dei modelli che camminano sui binari abbandonati e invasi dalle piante dello Scalo Farini è forte, sia da un punto di vista visivo che auditivo. Lo show è infatti anche un omaggio, sincero e affettuoso, a Franco Battiato, che lo stilista aveva conosciuto nel 1985 quando aveva disegnato le scenografie per il suo tour Mondi Lontanissimi. Ma se la colonna sonora è L’era del cinghiale bianco, l’immaginario che scaturisce è più da Måneskin, che il brand veste spesso. Il che non è per niente un male.
Va per la sua strada pure Glenn Martens, classe 1983, che ieri ha debuttato alla guida di Diesel. Il belga, direttore creativo del francese Y-Project, è poco conosciuto dal grande pubblico ma molto amato dagli appassionati; compreso Renzo Rosso, che già nel 2018 lo aveva voluto per una capsule. Martens ha talento e testa: come prima cosa ha messo mano al denim, fulcro del brand, lanciando una Library con i pezzi “immancabili” di jeans, compresi i pantaloni con gli stivali incorporati. A questi ha aggiunto poi riferimenti e citazioni della moda fine anni Novanta, periodo di massimo splendore per il brand. Si comincia bene.