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 2021  giugno 22 Martedì calendario

Daniela Collu cammina da sola

Daniela Collu ha 38 anni, conduttrice radiofonica e televisiva (ha guidato alcune puntate di X Factor), autrice, scrittrice, influencer. In migliaia (263 mila follower su Instagram) la conoscono come Stazzitta, un soprannome familiare che le è rimasto appiccicato addosso.
Scrive molto, parla molto, vive a Roma. Quando ha voglia di ascoltare solo il suono del silenzio parte zaino in spalla e cammina, da sola. Così è nato pure il suo primo libro: "Volevo solo camminare" (il secondo — "Un minuto d’arte" — è una galleria di opere con il dono della brevità).
Quand’è che si è detta "ok, io vado"?
«Avevo 35 anni: ho scoperto da adulta il camminare. Mi sono sempre spostata molto per lavoro e mi sembrava fosse diventato una scocciatura. Volevo farlo in maniera diversa, non più per andare da A a B. Una notte di caldo torrido romano ho detto vado, ho fatto "all in" e scelto il Cammino di Santiago».
Sono sempre di più le donne che partono per camminare da sole. Lei ha mai avuto paura?
«Di prendermi una storta, aspettare un soccorso, sì. Ma non ho mai pensato che qualcuno potesse farmi del male. Chi è in cammino condivide la tua stessa esperienza e quello diventa uno spazio sicuro: non ci si rubano soldi, non si spostano cose, puoi contare sugli altri. Ho camminato di notte, ho camminato da sola, ma chi incontravo era sempre mio alleato. Forse fa più paura agli altri».
In che senso?
«Quando ho deciso di partire sono iniziati una serie di tentativi di sabotaggio: "Non hai le caviglie adatte, ti perdi, ti ammazzano nel bosco". Invece scopri che è come imparare a camminare da piccoli: un passo dopo l’altro e va tutto bene».
E sola si è mai sentita?
«È quella solitudine che cerco. C’è lo smartphone, i social, gli incontri, ma quasi nulla della tua vita "normale" ti raggiunge, perché nulla ha quel ritmo».
Dopo un anno di pandemia a giugno è ripartita per la Via degli Dei.
«Ho passato molto tempo in casa e in uno studio buio, avevo bisogno di stare senza soffitto. È il mio modo di tornare a respirare, di cercare il mio passo, il mio silenzio, anche se mentre cammino canto moltissimo, a voce alta. Poi magari c’è uno dietro che a mia insaputa si becca il momento canoro…».
Cosa mette nello zaino?
«Levo tutto e lascio il 10% del mio peso corporeo: vaselina da spalmare sotto i piedi come dovessi farcire una torta per evitare lo sfregamento dei calzini, ago e filo per bucare e asciugare le vesciche, mollette per i panni, buste di plastica che non fanno rumore per non svegliare gli altri e un cambio: ogni sera lavo tutto».
E non le manca nulla?
«No, per qualche giorno o settimana si può fare. La cosa più bella è proprio l’improvvisazione. Essere libera di dire sono stanca o di proseguire due ore o di fermarmi mezza giornata a guardare un panorama. Senza orari, programmi, shopping, visite guidate da rispettare. Il mio cammino è questo: togliere al viaggio ogni forma di controllo».
È una sfida? O la ricerca di una qualche spiritualità?
«Non la vivo in maniera agonistica ma non ho neanche una motivazione spirituale. Sono atea: per me siamo un ammasso di cellule. Eppure cos’è l’anima ho potuto immaginarlo solo camminando: ho sentito come se mi avessero aperto il petto e ci fosse passato il vento dentro».
Miti da sfatare?
«Che si torni per forza distrutti, senza unghie. Sarò stata fortunata ma ho avuto solo una tendinite spaventosa, non mi entravano le scarpe, ho camminato con i sandali. Oppure che sia necessariamente il viaggio della vita alla ricerca dell’Io. Tra i miei ricordi preferiti alla fine c’è un australiano che in un bar con una coca cola sul tavolo e dei cavalli accanto mi ha bucato una vescica. Io cammino perché sono felice di usare il corpo, di divertirmi, di stancarmi. È un elogio della fatica fisica».
Appena tornata vuole ancora solo camminare?
«Quando inizi diventa una droga.
La Francigena, il Cammino dei Briganti, una ciaspolata nella neve: in testa ho già il calendario, non prenoto solo perché porta sfiga».
Cosa dice ai suoi follower che vogliono imitarla?
«Che è un viaggio per tutti, da cucirsi addosso. Ho visto ragazzi in carrozzina, un 70enne cieco dalla nascita, americani in infradito. Non importa dove vai o il modo in cui lo fai, ma il fatto che sia tu a decidere tutto sul momento».