il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2021
Intervista a Primo Di Nicola (parla di cornoletame)
“Se il cornoletame sta a cuore ai partiti più della libera informazione, non posso farci niente: alzo le mani”. Primo Di Nicola, senatore M5S e giornalista di lungo corso non nasconde il disappunto: il suo disegno di legge per mettere un freno alle liti temerarie intentate contro i giornalisti con l’obiettivo di intimidirli attende l’approvazione da quasi un anno e mezzo. Ma non si trova una giornata di tempo ché c’è l’emergenza coronavirus. Insomma ci sono ben altre priorità. “E ci mancherebbe. Però nonostante l’impegno che i partiti avevano preso in conferenza dei capigruppo, ho visto che il mio testo è stato sorpassato da cose che poco c’entrano con l’emergenza. Vogliamo parlare del passaggio dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dall’Emilia alle Marche? E che dire delle pratiche esoteriche dell’agricoltura biodinamica e del cornoletame? Una barzelletta che non fa ridere”.
Da quand’è che il suo ddl è pronto per l’aula?
Dal gennaio 2020. Peraltro dopo una vera via crucis: prima si sono inventati che il testo era in odore di incostituzionalità, poi che l’entità delle somme pretese da chi ha la querelite facile era troppo elevata. Poi che doveva essere accorpato al ddl del forzista Giacomo Caliendo e ho detto tutto. Insomma un ostacolo via l’altro. Finiti gli alibi si è arrivato al momento dell’esame in aula.
Poi è deflagrata l’emergenza
Sì, anche se è una scusa che non tiene, dati i tempi morti e le settimane in cui non ci sono stati lavori d’aula: è mancata la volontà. Non è un mistero che qualcuno ha sempre remato contro.
Chi?
Be’ soprattutto i renziani che dopo aver posto mille ostacoli, obtorto collo si erano piegati a un accordo in seno all’allora maggioranza con M5S, Pd e LeU davanti al ministro della Giustizia Bonafede. Poi c’è stata l’emergenza…
E si è fermato tutto.
Hanno misteriosamente scalendarizzato il ddl con la promessa di dedicarsi solo ai decreti emergenziali e poi passare alle liti temerarie. Sono trascorsi i mesi, ma in aula hanno portato cose che con il Covid non c’entrano niente. Insomma si sono rimangiati la promessa. Roba da treccartisti e sì che a favore di telecamere tutti sono per la libertà di informazione. Solo che nessuno fa niente: la Corte Costituzionale aveva detto al Parlamento di intervenire in tema di carcere ai giornalisti. Risultato? Non lo ha fatto né sono programmati interventi a breve, lo farà la Consulta: il Parlamento è inadempiente come sulle liti temerarie per tacere del resto.
Tipo la lottizzazione della Rai o i conflitti di interessi nel settore dell’editoria?
Eh sì: la mia proposta di riforma per liberare la Rai dalla partitocrazia ci ha messo tre anni solo per essere incardinata in commissione. Quella sul segreto professionale dei giornalisti, zero carbonella e ne vediamo le conseguenze con l’aberrante sentenza del Tar che pretende da Report che sveli le fonti dei suoi servizi di inchiesta. L’altra contro lo sfruttamento dei giornalisti pagati tre euro ad articolo, neanche a parlarne. Dulcis in fundo, il mio ddl per limitare la presenza nell’editoria di imprenditori con business in altri settori come auto, sanità o costruzioni: chi l’ha visto?
Be’ a fare sul serio sarebbero grandi rivoluzioni, a partire dalle liti temerarie.
Provvedimento sacrosanto: i giornalisti devono rispondere di ciò che scrivono, ma qualche responsabilità deve prendersela pure chi li querela. Se lo fa a costo zero sapendo che la querela è infondata, un pretesto per impaurire chi fa onestamente questo mestiere, è giusto che rischi qualcosa.
Cosa?
Pagare minimo il 20 per cento di ciò che ha preteso ingiustamente dal giornalista. Se la querela è una intimidazione, chi la fa deve essere pronto a mettere mano al portafoglio. Il mio ddl è semplice. Per questo mi sono opposto al suo accorpamento con quello Caliendo nel quale rischiava di essere annacquato.
Perché lo ha fatto?
Perché nel testo Caliendo l’abolizione del carcere ai giornalisti sembra avere come contropartita multe insostenibili per le testate, un diritto all’oblio senza garanzie, pubblicazione delle rettifiche senza repliche che ridurrebbero giornali e tg a smentifici permanenti. Norme inaccettabili per chi ha a cuore la libera informazione.