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 2021  giugno 21 Lunedì calendario

Perché Biden non ha visto il Papa

Ufficialmente, in Vaticano dicono di aspettare Joe Biden a Roma il prossimo ottobre, in occasione della riunione del G20. Ma ufficiosamente, le diplomazie della Santa Sede e degli Stati uniti si sono inseguite per giorni, alle prese con l’ipotesi di un incontro più ravvicinato nel tempo: addirittura durante il viaggio del presidente Usa in Europa della settimana scorsa. Dalla Segreteria di Stato e dalla cerchia papale arrivavano versioni contrastanti. Per la prima, esisteva una buona possibilità che il 14 giugno o il 15 giugno, a sorpresa, Biden facesse tappa a Roma per incontrare il Papa. A Casa Santa Marta facevano sapere che si trattava di una prospettiva improbabile, visti i tempi stretti e le agende fitte di impegni di entrambi. La questione è rimasta avvolta nell’incertezza per giorni, evocando un’udienza fantasma. Da almeno un mese, però, nella Roma papale e a Washington se n’era discusso, soppesando i pro e i contro. 
Il tentativo sarebbe stato quello di incastonare la visita-lampo a Roma tra i vertici a Bruxelles e il faccia a faccia con Putin del 16 giugno scorso. Ma alla fine l’ipotesi è caduta, sorprendendo persone ben addentro alle vicende vaticane come l’ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, che sul Messaggero ha accennato all’«incontro mancato». Per il momento scelto, l’udienza avrebbe avuto troppe implicazioni: a cominciare dalla divergenza sulla Cina, dopo l’accordo segreto tra Santa Sede e Pechino rinnovato per altri due anni nell’ottobre scorso. E questo mentre l’Amministrazione Usa teorizza una nuova Guerra fredda a Oriente. Non solo. Avrebbe pesato sui rapporti tesissimi tra il papato argentino e i vescovi statunitensi; e su quelli tra il Partito democratico di Biden e la Conferenza episcopale Usa che il 18 giugno, con 168 sì, 55 no e 6 astensioni, ha ribadito di voler stilare un documento sulla «coerenza eucaristica» dei politici cattolici. 
Dunque, inclusi Biden e Nancy Pelosi, presidente del Congresso, ai quali si vorrebbe impedire di fare la Comunione perché sono a favore del diritto all’aborto. Significherebbe mettere sotto esame Biden, come la presidente della Camera, Nancy Pelosi; ma anche ignorare le indicazioni papali. Il Vaticano aveva cercato per ben tre volte di sventare l’iniziativa dei vescovi: inutilmente. E lo strappo ha cominciato a prendere forma, figlio di un lungo conflitto dottrinale e politico. Nasce dal malessere di un episcopato potente ma diviso, con una forte componente schierata di fatto col presidente uscente Donald Trump; e legittimatosi negli anni per la «guerra culturale» contro il relativismo dei Democratici americani. Ma è anche una conseguenza della distanza tra il pontificato argentino e l’episcopato Usa. Alcuni di quelli che nel Conclave del 2013 sono stati «grandi elettori» di Jorge Mario Bergoglio, otto anni dopo mostrano una freddezza che sconfina in opposizione aperta. 
Ormai, quasi non si capisce fino a che punto Francesco sia la vittima dello scontro tutto americano tra i vescovi e il «loro» presidente, secondo cattolico eletto dopo John Fitzgerald Kennedy; o se in realtà sia il contrario. Il sospetto è che Biden, con il suo cattolicesimo «liberal», venga messo sotto pressione anche per ribadire il dissenso nei confronti del Papa. Il presidente diventerebbe il pretesto per mandare un messaggio al Pontefice argentino, al quale la Conferenza dei vescovi Usa imputa una strategia dottrinale troppo aperta e motivo di confusione. 
I problemi 
Pesano l’accordo tra Santa Sede e Pechino e l’affondo dell’episcopato Usa sulla comunione 
Avvenne qualcosa di simile nel 2004, quando si candidò alla Casa Bianca il cattolico democratico John Kerry, bersagliato da vescovi schierati a difesa dei cosiddetti «valori non negoziabili». L’allora cardinale Joseph Ratzinger era il custode dell’ortodossia della fede cattolica, e Kerry ne uscì perdente. Stavolta la situazione è diversa, però. 
Intanto, a Roma c’è un Papa che ha sempre ribadito la contrarietà all’aborto, ma allarga i «principi non negoziabili» ai temi sociali. Una seconda differenza è che Biden, cattolico fervente, personalmente contrario all’aborto, non è solo un candidato: è stato eletto presidente. La terza è che nel 2004 vescovi americani e Papato erano uniti contro i Democratici; stavolta, invece, lo scontro è anche tra Francesco e il grosso dell’episcopato. Negare la Comunione a Biden significherebbe aprire un contenzioso tra gerarchie cattoliche e Casa Bianca; e delegittimare il nuovo presidente: tanto più con quasi la metà degli elettori cattolici che hanno votato per Trump. Per questo in Vaticano si ritiene che il documento, da preparare entro l’estate, alla fine potrebbe risultare più sfumato. Ma la vicenda conferma che i rapporti tra Papato e episcopato Usa rimangono i più difficili, anche se lo scontento è diffuso anche altrove. 
Tra l’altro, calamitare l’attenzione solo su questo conflitto rischia di oscurare gli altri dossier tra Usa e Vaticano. In questi mesi si stanno delineando le strategie mondiali post-pandemia. Significa affrontare il problema del debito dei Paesi poveri e della vaccinazione universale. Francesco e Biden appaiono molto più vicini di quanto il Papa fosse con Trump. 
Ma sullo sfondo rimane la questione, cruciale per Washington, della nuova Guerra fredda con la Cina e delle tensioni con la Federazione russa. Un Vaticano che ha rinnovato l’accordo con il regime comunista di Pechino mentre crescono repressione della libertà religiosa e dei diritti individuali, ed è tuttora convinto che non sia opportuno schierarsi con l’Occidente, inserisce un motivo di contrasto da non sottovalutare. Eppure, entrambi vogliono parlarsi quanto prima.