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 2021  giugno 20 Domenica calendario

L’Europeo di calcio visto da Sandro Veronesi

Tutti abbiamo nel nostro cuore una piazza, una festa, un abbraccio. Una partita della Nazionale. Spesso è la prima dal sapore speciale, il debutto ufficiale nel clan dei tifosi, il rito di iniziazione nella tribù dei malati di calcio. Quella di Sandro Veronesi è una partita che è finita in libreria e nei cinema. Non poteva che essere così, ma in realtà fu un caso: «È Italia-Germania 4-3 del Mondiale ‘70. Mio padre mi fece restare sveglio a guardarla e per la prima volta quella notte vidi dal terrazzo i cortei con le bandiere. Ma sarebbe dovuta essere la finale dell’Europeo ‘68: stavamo facendo un viaggio in Germania e mio padre aveva organizzato tutto in modo che potessimo vedere quella partita. Ma Italia-Jugoslavia finì 1-1 e fu rigiocata tre giorni dopo, quando il nostro giro ci impedì di accedere a una televisione. Un cameriere italiano ci disse della vittoria, ma non vidi nulla di quella festa».
Veronesi, anche questa volta il calcio si dimostra il più naturale veicolo di socializzazione.
«Ci eravamo dimenticati di cosa fosse il calcio con il pubblico. E di quanto anche i risultati fossero condizionati dalla mancanza di gente allo stadio. L’avvocato Agnelli diceva che Laudrup il giovedì era il migliore del mondo, perché poi alla domenica soffriva la presenza dei tifosi. Nell’ultimo anno Laudrup sarebbe stato davvero il più bravo, mentre magari Maradona avrebbe reso di meno. Adesso viviamo un momento bellissimo. I ragazzi di Mancini si nutrono dell’entusiasmo che è generato dal loro bel gioco e che in pratica si autoproduce. Un anno fa l’Europeo fu cancellato, adesso si gioca: una bella differenza, che ci fa guardare avanti con fiducia. Io non mi ero mai abituato agli stadi vuoti, al silenzio: era straniante».
La piazza è un luogo tipicamente italiano. E dopo il calcio toccherà alle feste dei paesi, alle sagre. Questo è davvero l’Europeo della ripartenza?
«Anche io pensavo che la piazza fosse un luogo tipicamente italiano. Ma nel 2014 scoprii che non è così. Ero a Stoccarda durante il Mondiale e il centro della città era pieno di maxischermi e di locali con i televisori accesi. Penso che dappertutto si stiano godendo le partite ed è bello che sia un Europeo itinerante: la pandemia ha colpito tutti e adesso tutti possono fare festa. A proposito dei maxischermi, ripenso spesso a quanto accadde a Torino la sera della finale di Champions del 2017. Fu una tragedia. Bisogna sempre stare attenti. Però che la gente torni davanti ai maxischermi significa che siamo usciti dall’emergenza».
C’è qualcosa che ci unisce di più della maglia della Nazionale?
«Credo che sia lo sport in generale a unirci. Ricordo la Coppa Davis del 1976, la valanga azzurra dello sci o campioni di sport individuali come Mennea o Tomba. Il nostro patriottismo viene a galla ben più per le vicende sportive che per quelle politiche».
Fu più magica l’estate del 1982 o quella del 2006?
«Quella del 1982, perché la polemica iniziale riguardava solo la stampa e la squadra. Nel 2006, invece, c’era Calciopoli. E io da juventino vissi quel titolo come un riscatto e una rivalsa, visto che i tifosi delle altre squadre godevano per le sanzioni che riguardavano la mia».
Cosa ci resterà del coprifuoco, del divieto di uscire di casa, dell’impossibilità di vedere gli amici?
«Sono cose da valutare individualmente. Ognuno lo scoprirà dentro di sé, qualcuno cercherà di dimenticare prima possibile, altri sono anche stati bene e non possono dirlo. Di sicuro ci sarà un’onda lunga con cui faremo i conti».
Intanto abbiamo ricominciato ad abbracciarci per un gol.
«E dobbiamo stare attenti: non lasciamoci andare del tutto, la guerra contro la pandemia non è ancora finita. Spero che l’Italia vinca, ma mi auguro che non ci siano troppi abbracci nelle piazze».
Per l’effetto che ha sulla gente e per l’affetto che si sta meritando, quale Nazionale del passato le ricorda questa di Roberto Mancini?
«Quella del 1978: per l’allegria, l’entusiasmo, la gioventù».
Come ha seguito finora le partite? Ha dei riti particolari?
«Non ho mai avuto rituali in occasione delle partite, anche se sarebbe una cosa bella. In questo periodo ho tanti impegni e non ho potuto pianificarli in base al calendario della Nazionale. Però finora ho visto un incontro da solo e uno in compagnia. Domani (oggi, ndr) alle 17 devo consegnare un premio nella zona di Pistoia e appena finito cercherò una televisione».