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 2021  giugno 20 Domenica calendario

La scelta di Lilli Gruber di non fare figli

Non mamma e contenta: «Partiamo sempre dal presupposto che una donna che non ha figli abbia rinunciato a qualcosa – osserva Lilli Gruber —, che sia meno realizzata, meno felice, meno completa. E ovviamente non facciamo lo stesso ragionamento per un uomo: è un assunto molto anacronistico e anche molto pernicioso».
Il podcast «Mama non Mama» (del Corriere della Sera con Audible) arriva alla settima, ultima, puntata della stagione e la vicedirettrice Barbara Stefanelli affronta in pieno l’equivoco che tormenta le italiane senza prole: «Non sei mamma, non puoi capire». La sua ospite, la più celebre delle giornaliste televisive, Lilli Gruber, è pronta a ribattere: «Superficialmente si potrebbe allora dire: sei madre, non puoi capire. Ma capire cosa? Usare la maternità come un’illuminazione esistenziale rende un pessimo servizio alle donne...».
Stefanelli rilancia prendendo in prestito un saggio fondamentale dell’attivista Usa Rebecca Solnit (La madre di tutte le domande) e ne estrae un passaggio-chiave: «Una delle ragioni per cui le persone si fissano sulla maternità, come chiave dell’identità femminile, nasce dalla convinzione che i bambini siano la strada per realizzare appieno la nostra capacità di amore. Ma ci sono così tante cose da amare oltre la propria prole». Gruber si associa: «Ci sono altre forme di amore, cura e devozione». E in questo solco si inserisce perfettamente il libro di Susanna Tartaro, responsabile dei programmi culturali di Radio3, La non mamma, da poco uscito per Einaudi. Un’altra stoccata alla retorica della maternità sopra ogni cosa per dare senso alla vita delle donne. Tartaro legge nel podcast alcuni dei suoi «haiku», che compongono una sorta di diario poetico: «Non ho nessuno davanti e nessuno alle mie spalle», ma «ho non-figli dappertutto – in piscina, sull’autobus, al mare, sul treno – e ho non padri e non madri che mi seguono, per strada, nel negozio, alla posta, in montagna, al bar. Rallento o accelero il passo per sentirmeli vicini».
Non significa ignorare una mancanza, è evidente che per molte donne la fallita maternità può essere una ferita impossibile da rimarginare. Lo testimonia per la prima volta e con coraggio, Maria Luisa Agnese, nota giornalista del Corriere: abbandonata ormai la ricerca di un figlio, resta «una vera nostalgia che uno ha dentro. Non voglio essere determinista – chiarisce Agnese –, però se ci pensi è una chance che non hai onorato e insomma, rimani un po’ tra disperazione e speranza. Detta in un altro modo: potrebbe essere una continua elaborazione del lutto».
Il punto, e si ritorna a Gruber, è che non è scontato che una donna desideri essere madre. «Ovviamente anche io avrei potuto pensare di più a fare figli – confessa la conduttrice di 8 e ½ su La7— Quando arrivi a quarant’anni il tuo orologio biologico ti costringe comunque a fare qualche riflessione in più. Ma io non ho fatto figli per una scelta precisa. Sarei dovuta essere un’altra persona da quella che sono. Non era una questione di impegno o di tentativi, ma di scelte e priorità: i figli bisogna innanzi tutto volerli». Senza doversi sentire donne a metà. «Madri o non madri, liberamente»: il codice del podcast di Barbara Stefanelli. Interpretato fino in fondo.