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 2021  giugno 20 Domenica calendario

Detenuti ai lavori forzati in Russia

I primi detenuti hanno iniziato a lavorare nei cantieri della città di Mosca». Non è una notizia d’archivio del 1937, è del giugno 2021, e viene data dal vicepremier russo Marat Husnullin, che annuncia il nuovo "esperimento". I 1.500 detenuti in questione vengono pagati (non è stato specificato se hanno la stessa retribuzione dei colleghi in libertà), ma il capo del Servizio federale dell’esecuzione delle pene – sostanzialmente l’erede dello storico Gulag, che oggi porta la sigla Fsin – Aleksandr Kalashnikov vorrebbe reintrodurre anche i lavori "forzati". Dei 482 mila detenuti russi, ha calcolato, 188 mila hanno diritto a farsi convertire la pena in "lavori coercitivi", e andare a sostituire quei migranti che, causa Covid, non fanno più i muratori e gli spazzini a Mosca e in altre grandi città.
I conti non tornano: per non ricorrere più al lavoro dei "gastarbeiter" - i media russi definiscono i migranti dell’ex Urss venuti a lavorare in Russia con questo termine tedesco, usato con tono sprezzante – ci vorrebbero almeno sei milioni di "forzati", un numero difficile da raggiungere, anche se la proclamazione dei seguaci di Alexey Navalny come «estremisti» aumenterà il già elevatissimo tasso di arresti e processi. Né si capisce perché i prigionieri che hanno diritto a farsi convertire la pena in una sorta di lavori socialmente utili, debbano rimanere in prigione. Nel frattempo l’operazione ha già avuto il plauso dei vari esponenti del governo, inclusi i membri del Consiglio per i diritti umani presso il Cremlino, che hanno decantato i benefici del lavoro sul futuro reinserimento sociale dei condannati. Ma quello che più ha fatto discutere è stato il commento dell’agenzia di Stato Ria-Novosti, che ha attaccato i "fan della democrazia", che ricordavano come nel Gulag il lavoro forzato fosse obbligatorio. Il paragone con lo stalinismo è, secondo l’autrice, un pretesto «per fermare lo sviluppo della nazione», e la «gente semplice» può solo beneficiare del lavoro fisico, mentre la presenza della polizia penitenziaria nei cantieri può essere utile.
Quello che però ha fatto esplodere di rabbia i social è stata l’affermazione che i lager staliniani «non erano tutti orribili», e a raccontargli come tali è solo l’intellighenzia, per la quale finire in Siberia è stato «un contrasto spiacevole con i ristoranti di lusso». Per i poveri i lavori forzati diventavano invece un «ascensore sociale». Che il Gulag per milioni di detenuti sia stato un «ascensore» che li faceva scendere nell’abisso viene rigettato come un «mito per spaventarci».