La Stampa, 20 giugno 2021
La Spoon River dei bimbi migranti
«Corpo decomposto trovato su una spiaggia fuori Jijel (Algeria), NN, giovane ragazzo», «trovato morto a Roissy, nel carrello di atterraggio di un aereo proveniente da Abijan (Costa d’Avorio), NN (maschio, 14 anni)», «affogato vicino alle isole Inousse (Grecia), mentre i genitori fuggivano dalle purghe di Erdogan, Ibrahim Isik (maschio, 3 anni)». È una Spoon River impietosa quella raccolta dal collettivo di giornalisti di Lost in Europe in collaborazione con l’Ong olandese UnitedAgainstRefugeeDeaths.eu che dal 1993 rintraccia attraverso media e report ufficiali i migranti morti mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Dati freddi che colpiscono, forse proprio per questo, ancora di più alla bocca dello stomaco. Cosa ha spinto un ragazzino a infilarsi nel carrello di un aereo? Cosa aveva detto ai suoi amici? Cosa voleva fare in Francia? Per che squadra di calcio tifava?
Nel giorno internazionale del rifugiato, il collettivo che dal 2018 racconta le storie dei minori stranieri non accompagnati in Europa ha scelto di sollevare il velo su un altro dato doloroso: i 440 i bambini che hanno perso la vita durante il viaggio verso il nostro continente dal 2018 a oggi, tra questi 35 neonati e 33 donne in stato di gravidanza.
Nell’ultimo report erano stati oltre 18 mila i minori stranieri scomparsi dai centri di accoglienza europei tra il 2018 e 2020. «Come nel caso della precedente raccolta dati – spiega Geesje Van Harem, coordinatrice del progetto – i numeri sono da ritenere al ribasso, di alcuni eventi non sono riportate dai media le cifre effettive dei minori coinvolti perché sono naufragi di cui non si sa quasi nulla, spesso non si sanno i nomi né le nazionalità. In ogni caso abbiamo deciso di lavorare con una Ong olandese già esperta delle morti in viaggio dei migranti per togliere dall’invisibilità storie dei bambini migranti che non ce l’hanno fatta».
«Ciò che emerge – continua Van Harem – è che il Mediterraneo è il confine europeo con il maggior numero di morti, molti decessi sono avvenuti di fronte alle coste libiche e nel Mar Egeo di fronte alla Turchia. Credo che questo potrebbe dire già tanto all’Europa su dove cominciare ad agire per evitare altre stragi di innocenti».
Secondo il report, gran parte dei minori ha perso la vita in Libia (124 deceduti o dispersi). Seguono Turchia (77), Grecia (57), Spagna (37), Marocco (32) e Tunisia (22), al sesto posto c’è l’Italia con 15 bambini che tra il 2018 e il 2021 sono morti cercando di raggiungere il nostro Paese. Eppure spesso quello che rimane di loro è solo il luogo e la modalità della morte, solo di 77 di questi bambini infatti sappiamo il nome e il cognome. Gli altri sono N.N., «nomen nescio», sconosciuti che entrano sulle pagine dei giornali solo in pochi casi, spesso a causa di qualche corto-circuito mediatico come quello suscitato dalle foto strazianti twittate dal fondatore dell’ong Open Arms, Oscar Camps, lo scorso 24 maggio. «Sono ancora sotto choc per l’orrore della situazione, bambini piccoli e donne che avevano solo sogni e l’ambizione di vivere. Sono da tre giorni abbandonati su una spiaggia a Zuwara in Libia. Non importa a nessuno di loro». In queste foto, spedite a Camps da una fonte in Libia si vedevano alcuni corpi di bambini molto piccoli, sui 5 anni, e di donne ormai parzialmente ricoperti di sabbia come se fossero lì da abbastanza tempo. Su questi stessi corpi l’Oim (Organizzazione Internazionale Migrazioni) ha aperto un’inchiesta cercando di capire di che naufragio si fosse trattato. «Purtroppo non sappiamo nulla – spiega Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Oim - abbiamo cercato di capirne di più, ma non abbiamo avuto altre informazioni. Resta un mistero, ma è molto probabile che si tratti di un naufragio avvenuto al largo delle coste libiche di cui siamo rimasti totalmente all’oscuro, come molte volte capita».
United Against Refugee Deaths raccoglie i dati delle morti ai confini dell’Europa dal 1993. «Documentiamo solo casi già pubblicati – spiega Geert Ates dell’Ong olandese – ma sicuramente ci sono molte più morti. Quando abbiamo iniziato le notizie non venivano neanche prese in considerazione, solo in giornali locali. Da quando la crisi dei rifugiati è diventata una questione più seguita ci sono molte più informazioni». L’Oim ha iniziato nel 2014 ha raccogliere i dati sulle morti in viaggio. Secondo le sue informazioni, il 25% dei bambini migranti che muore in viaggio perde la vita nel Mar Mediterraneo e il 22% in Nord Africa.