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 2021  giugno 20 Domenica calendario

Vasco e Dylan Dog. Intervista

Arrivano tre storie di Dylan Dog in edicola ispirate da canzoni di Vasco. Una strana coppia? Meno di quello che si possa pensare: «Mi sono sempre piaciuti i fumetti: da ragazzo leggevo Nembo Kid (uno dei nomi con cui vennero pubblicate le storie di Superman in Italia, dal 1954 al 1970, ndr ) e poi il mitico Tex Willer . Ma anche i fumetti con la “k”: Diabolik e Satanik e quello più divertente, ma comunque intelligente,
Alan Ford . E Linus , che non pubblicava solo fumetti ma anche articoli interessanti. Poi, a poco a poco, li ho abbandonati perché il tempo non bastava, ma quello che ho letto più a lungo è Dylan Dog . Dopo sono passato direttamente alla filosofia... ».
Come mai? Che cosa ti colpiva di “Dylan Dog”?
«Mi sembrava di sentire una certa affinità con il personaggio e quindi immagino con il suo creatore, Tiziano Sclavi».
Lo hai mai conosciuto?
«No. Anche perché mi hanno detto che è molto schivo e misterioso, vive in una casa lontano da tutto e da tutti».
Sicuramente avete in comune l’amore per le donne: Dylan Dog in ogni puntata ne incontra una, con la quale non è detto abbia una storia ma è sempre un personaggio importante, una coprotagonista, un po’ come succede con le donne che racconti nelle tue canzoni…
«Verissimo: quello delle donne è un universo straordinario, tanto che abbiamo deciso che le storie per Dylan Dog fossero proprio ispirate a tre donne, che io ho raccontato. Tre figure femminili completamente diverse l’una dall’altra e quindi tre personaggi importanti della mia storia musicale. La prima è Sally e la storia l’ha sviluppata, secondo la sua ispirazione, un’altra donna, Paola Barbato, che è davvero bravissima» .
Sally chi è per te?
«È la ragazza matura, che ha già vissuto molte esperienze della vita, anche dure. Molte delle sue illusioni sono crollate, che è un po’ quello che succede a tutti in questa fase che viene chiamata della “maturità”. Ma questa consapevolezza non consola o almeno questo succede a me. Mi dà più ansia che altro, anche perché, quando l’hai raggiunta, indietro non puoi tornare».
La Sally del fumetto è morta: ma non se ne rende conto.
«Le sceneggiatrici avevano carta bianca per raccontare le storie di queste donne, però mi sembra che con questa scelta Paola Barbato abbia voluto sottolineare una cosa importante della canzone, quella parte che dice: “Sally è una donna che non ha più voglia di fare la guerra”, ovvero Sally non ha più voglia di combattere, neanche per le cose in cui crede. È pronta insomma a fare i compromessi che servono per andare avanti nella vita, sia nel rapporto di coppia, in cui realizzi che la perfezione non esiste, sia nel lavoro, che magari non è come avevi sognato. La realtà è sempre diversa dai tuoi sogni. Questa dicotomia è anche “l’inferno della mente”, di una canzone che si intitola Se ti potessi dire : quel camminare sul filo che ti fa arrivare vicino all’inferno, “quello che esiste veramente”. Altezze vertiginose e profonde valli di solitudine che io frequento e da cui poi riesco a uscire sempre in piedi.
Ma la paura, quella paura dell’abisso dentro cui si può cadere da un momento all’altro, io la sento sempre. So che perdere l’equilibrio è facile...».
Più parli, più l’affinità con il mondo di Dylan diventa chiara: paura, inferno. E i demoni?
«Il peggiore è, appunto, la follia.
Quella frase di Sally che dice: “Perché la vita è un brivido che vola via/ È tutto un equilibrio sopra la follia”.
Quando mi è venuta fuori pensavo: “Ma forse è una cosa troppo personale, mia, una cosa che vivo io perché non sono normale”. Poi invece, vedendo come ci si riconosceva il pubblico, ho capito che è una condizione universale».
Anche oggi è così?
«Oggi forse scriverei “è tutto un disequilibrio sopra la follia” perché in questa apocalisse che stiamo vivendo mi sembra che ormai l’equilibrio ce l’abbiano in pochi».
Quali sono le tue paure?
«Abbiamo imparato a convivere con una sensazione di pericolo. Un pericolo che oltre a quello della malattia oggi è quello della confusione, generato da notizie false che inducono ulteriore paura: questo è il vero spettro che si aggira per l’Europa e nel mondo intero, non più quello del comunismo ma quello del populismo».
Dylan Dog è l’indagatore dell’incubo. E tu invece?
«Io sono l’indagatore dell’inquietudine. Come Dylan Dog o il suo alter-ego Sclavi, che l’ha creato, anch’io frequento i miei incubi per scrivere le canzoni, anch’io frequento la parte più oscura di me per prendere l’ispirazione».
Il numero successivo di Dylan
Dog sarà ispirato ad “Albachiara”.
« Albachiara racconta la bellezza, la purezza, la freschezza: “Ti addormenti di sera, ti risvegli col sole”. Cosa che, mi viene in mente, faccio io oggi ( ride).Beh, quasi: non è ancora così ma ci arriverò. Allora comunque era un po’ il contrario di come vivevo io. Poi, però, c’era la provocazione di parlare di masturbazione femminile nel ’78, che era un argomento abbastanza delicato nonostante il femminismo».
E infine c’è “Jenny” a chiudere la trilogia. E Jenny è pazza.
«In Jenny, che ho scritto quando la mia avventura musicale doveva ancora incominciare, raccontavo in realtà la mia storia personale. Quello che una volta chiamavano “esaurimento”. Mi ricordo mia zia che diceva: “L’esaurimento te lo curo io, ma con le bastonate!”. Pensa il mondo in cui sono cresciuto (ride)! La canzone inizia dicendo: “Jenny non vuol più parlare/ Non vuol più giocare/ Vorrebbe soltanto dormire”.
Perché questo è ciò che succede in quei momenti lì: sembra che tutte le cose esistano solo per darti fastidio e sono sensazioni che non riesci a comunicare a nessuno. E Jenny viene emarginata perché è “diversa”».
Questo è un tema centrale in tutta la narrazione di “Dylan Dog”: l’empatia, l’amore per tutti gli strani e i “diversi” di questo mondo…
«Infatti si dice: “Jenny non può più restare/ Portatela via/ Rovina il morale alla gente”. Ieri come oggi non conta più l’umanità ma l’utilità: se non sei utile vieni messo da parte. Ai tempi era un’intuizione da parte di uno che avrebbe potuto facilmente finire dalla parte degli “inutili”, oggi ho più consapevolezza, grazie alle esperienze ma anche alle letture. C’è questo filosofo coreano, Byung-chul Han, che dice che oggi viviamo nel “mondo della prestazione” e non abbiamo neanche più bisogno di un padrone che ci sfrutta: ci autosfruttiamo da soli per realizzarci, convinti di essere liberi».
Dylan, come te, è un ribelle.
«Una volta pensavo fosse un mio limite. Adesso mi sento sempre un po’ fuori, ma non me ne preoccupo più» .
Forse perché tu sei uno dei pochissimi che è riuscito a piegare il mondo a te e non il contrario.
«Diciamo che mi è andata bene» .
Un’ultima curiosità: “Sally” è tratta dall’album “Nessun pericolo… per te”. Ma perché “per te”?
«Proprio per quello che dicevamo adesso. Il senso è: “Tranquillo: io posso anche fare o dire una cazzata ma per te non c’è nessun pericolo. Il problema è mio: è mia la vita, so quello che faccio e vado avanti così.
Non ho mai sopportato che ci sia qualcuno che mi dica cosa fare e quindi accetto di mettermi in pericolo: se tu vuoi stare nella tua tranquillità, va bene così, rischio io”» .