il Fatto Quotidiano, 20 giugno 2021
La vita moscovita di Snowden
“Otto anni fa, è iniziata la mia vita”. Comincia così il bilancio dell’esistenza di Edward Snowden, otto anni dopo la sua scelta di rivelare i programmi di sorveglianza della National Security Agency (Nsa), la più potente e tecnologicamente sofisticata agenzia di intelligence al mondo, capace di intercettare le conversazioni telefoniche e via Internet dell’intero pianeta. Un leviatano grande tre volte la Cia, capace di assorbire da sola un terzo del budget che gli Stati Uniti riservano all’intelligence e che nel 2020 è stato di 85,8 miliardi di dollari.
A fare un bilancio è Snowden stesso, che ormai vive in esilio in Russia da quel 23 giugno 2013 in cui atterrò all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, mentre era in volo da Hong Kong verso l’Ecuador di Rafael Correa. Subito dopo le sue rivelazioni, infatti, gli Stati Uniti lo avevano immediatamente incriminato con l’Espionage Act, una draconiana legge del 1917 che non fa alcuna distinzione tra le spie che passano documenti segreti al nemico e i whistleblower che li passano alla stampa per denunciare crimini di guerra, torture, sistemi orwelliani di sorveglianza. È la stessa legge per cui oggi il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, rischia 175 anni di prigione. Mosca non era nei piani di Snowden: fu l’Amministrazione Obama a intrappolarlo lì, dopo aver cancellato il suo passaporto. I critici della Russia avevano previsto per lui una vita miserabile. La giornalista Julia Ioffe presagì che sarebbe diventato uno strumento della propaganda di Vladimir Putin, forse con uno show sulla tv Russia Today e una moglie russa. “Snowden si siederà nella sua piccola cucina moscovita, bevendo Nescafè mentre Svetlana cucina qualcosa di unto e insapore, e lui siederà a fissare il suo caffè nero istantaneo, odiandola”, scriveva Ioffe. Facendole eco, la sovietologa Anna Zafesova, sul quotidiano La Stampa, evocò la fine di spie come l’inglese Kim Philby, che tradito il loro paese, erano finite in Russia a condurre una vita squallida e all’insegna dell’alcolismo. E poco importa che la scelta di Snowden non avesse nulla a che fare con quella di Philby, come dimostrano le ripetute sentenze delle corti federali americane e della Corte dei Diritti dell’Uomo, che gli hanno dato ragione sulla sorveglianza di massa. Ma in ogni caso l’ex contractor della Nsa non è affatto sprofondato in un’esistenza miserevole. Della sua quotidianità, sappiamo poco per ovvie ragioni di sicurezza, ma qualche dato oggettivo ce l’abbiamo. Nessuno show su Russia Today.
L’utilità di Snowden per la propaganda russa sembra essere nulla, se non il messaggio al mondo che l’Occidente libero predica bene quando si tratta di libertà di stampa, ma poi razzola molto male. Gli Stati Uniti hanno tenuto in galera per otto anni una delle più grandi fonti giornalistiche di tutti i tempi, Chelsea Manning, la fonte di WikiLeaks, portandola tre volte sull’orlo del suicidio. Hanno costretto Snowden all’esilio per non fare la sua fine. E quanto a Julian Assange, da quando nel 2010 ha rivelato i crimini di guerra e le torture della War on Terror, non ha più conosciuto la libertà. Snowden non ha sposato nessuna Svetlana. Si è unito in matrimonio alla sua fidanzata storica, l’americana Lindsay Mills, che si è trasferita a Mosca e sei mesi fa hanno avuto un bambino. La scorsa settimana ha iniziato a pubblicare sulla piattaforma Substack, dove ormai stanno migrando grandi firme del giornalismo. Né dipende economicamente dal Cremlino. Nell’ottobre scorso, in seguito a una causa civile che gli ha intentato il governo americano, è emerso, dai documenti giudiziari, che, dal 2015 al 2020, Snowden ha incassato 1,2 milioni di dollari con le sue conferenze pubbliche. E secondo il Guardian, il governo americano ha ordinato il sequestro di 5,2 milioni di dollari che l’ex contractor ha accumulato tra discorsi pubblici e royalties del suo libro, tradotto in tutto il mondo. Le autorità Usa hanno chiesto e ottenuto il sequestro perché ritengono che, essendo un ex dipendente della Cia e della Nsa, prima di scrivere e tenere conferenze, doveva sottoporre i suoi testi alla loro revisione. Non risulta, però, che il governo Usa abbia preteso il sequestro dell’anticipo che l’editore gli ha versato per il libro e il cui importo non è pubblico. Snowden appellerà la sentenza per difendere la sua indipendenza economica? “Non ha fatto appello, perché sarebbe inutile”, ha dichiarato al Fatto Quotidiano il suo avvocato Ben Wizner, dell’American Civil Liberties Union.