il Fatto Quotidiano, 20 giugno 2021
Cosa succede nel paradiso fiscale di Dubai
Panico nel paradiso fiscale di Dubai. A temere un EmiratesLeaks sono milioni di stranieri che negli anni, per sfuggire al Fisco dei loro Paesi di residenza, hanno trasferito fondi nello Stato della Penisola arabica. Il 16 giugno il ministero delle Finanze tedesco ha confermato al settimanale Spiegel di aver acquisito a inizio anno da un informatore anonimo (il quale, secondo informazioni non confermate, sarebbe stato ricompensato con 2 milioni di euro) un Cd-Rom con i dati completi su milioni di contribuenti, tra i quali diverse migliaia di cittadini tedeschi, che hanno beni a Dubai dove la tassazione sui redditi è zero. Il gigantesco database potrebbe consentire a Berlino e ai Länder di scoprire patrimoni occultati e redditi non dichiarati.
“Metteremo i dati esteri a disposizione dei Paesi interessati attraverso lo scambio internazionale di informazioni”, ha affermato il Fisco tedesco. Secondo il quotidiano francese Les Echos, la Direzione generale delle Finanze pubbliche di Parigi ha già contattato Berlino e la Germania si è detta disponibile a trasmettere le informazioni in suo possesso sui residenti fiscali francesi. L’utilizzo dell’elenco tedesco consentirà di verificare se i residenti francesi non hanno dichiarato i propri redditi al Fisco o se non hanno pagato la “tassa di uscita” d’Oltralpe che colpisce i beni nascosti all’estero da cittadini e imprese.
L’accordo internazionale sullo scambio automatico di informazioni finanziarie è stato istituito quasi quattro anni fa e oggi conta più di 100 Paesi firmatari, tra i quali anche Dubai, che hanno iniziato a fornire dati bancari dal 2018. Sinora però l’intesa non aveva dato grandi risultati da parte delle autorità emiratine. Dopo la fine del segreto bancario in molti Paesi, Svizzera compresa, insieme a Singapore e ad alcuni Stati insulari degli oceani Indiano e Pacifico negli ultimi anni proprio l’Emirato si era ritagliati un ruolo cardine di paradiso fiscale e crocevia di molte attività offshore.
Contro l’evasione, in passato Germania e Francia hanno usato i Panama Papers e i whistleblower. Nel 2008 Hervé Falciani, un ingegnere italiano naturalizzato francese che lavorava come informatico nella sede di Ginevra del colosso bancario britannico Hsbc, fu il protagonista di Swiss leaks. Falciani sottrasse e consegnò alla Francia la cosiddetta “lista Lagarde” con i dati di 130mila facoltosi clienti (tra i quali 7mila italiani) accusati di aver usato l’istituto per frodare il Fisco e riciclare denaro sporco. Fonti del governo italiano fanno sapere che l’Italia sta valutando la possibilità di chiedere i dati degli Emirates leaks a Berlino, come avvenuto in passato per la lista Falciani. Se la richiesta sarà presentata, gli elenchi verranno ricevuti dall’Agenzia delle Entrate.