Il Sole 24 Ore, 20 giugno 2021
Com’è rassicurante l’animale fatto a pezzi
Il reparto della carne nei supermercati, con i tagli ordinati in vaschette di polistirolo e ricoperti di pellicola trasparente, ci trasmette un’idea rassicurante del cibo che compriamo. Anche nelle vetrine delle macellerie è sempre più raro vedere animali interi che non siano perfettamente scuoiati ed eviscerati. La sola parola «eviscerati» ormai ci fa un po’ ribrezzo. Ci sembra del tutto normale che un animale si presenti già diviso in comode porzioni maneggiabili e, soprattutto, che non ricordi minimamente l’aspetto che aveva da vivo.
Questo approccio culturale è figlio della refrigerazione che ha permesso di allontanare il luogo di macellazione da quello di vendita, ribaltando anche il senso di ciò che fino a pochi anni fa era considerato «fresco» e «naturale». Basta sfogliare ricettari e riviste di cucina fino agli anni settanta per vedere fotografie di anatre con le teste a penzoloni, conigli e lepri in bella mostra con tanto di pelliccia e istruzioni per farli finire in pentola. Con questo non voglio sostenere che fosse meglio prima, ma è indubbio che la nascita di questa nuova sensibilità abbia causato un profondo cambiamento estetico dopo secoli di storia. I precedenti più immediati sono le nature morte del Sei-Settecento che, quando non ritraevano eleganti cesti di frutta, lasciavano spazio ad animali di ogni specie appena macellati pronti per essere venduti o appesi a testa in giù
in cucina.
Più indietro nel tempo troviamo i banchetti medievali che non erano da meno e Maestro Martino, il cuoco più celebre del Quattrocento, consigliava di servire il pavone arrosto rivestito della propria pelle, con tanto di penne e coda con la ruota. Nelle occasioni più coreografiche era del tutto normale mostrare ai convitati anche gli animali vivi che sarebbero stati cucinati di lì a poco. Oggi queste presentazioni sarebbero inaccettabili, ma fino a poche decine di anni fa erano l’espressione di quanto di più genuino poteva arrivare in tavola, direttamente dalla campagna o frutto della caccia nei boschi. Il nostro immaginario è cambiato a tal punto che mi chiedo se anche Obelix avrebbe il coraggio di farsi servire i cinghiali interi allo spiedo che ci facevano sognare da bambini.