Il Sole 24 Ore, 20 giugno 2021
E il polpo sognò lo squalo in pigiama
Seguendo il suggerimento di alcuni amici ho guardato My Octopus Teacher, di Pippa Ehrlich e James Reed prodotto da Netflix e vincitore quest’anno dell’Oscar per il miglior film documentaristico. Il film narra la singolare intesa tra un polpo e il regista sudafricano Craig Foster. Appassionato di immersioni, Foster nota il cefalopode che lo sbircia da un nascondiglio estemporaneo fatto di conchiglie e di pietre; dopo settimane di paziente inseguimento a distanza, l’animale si lascia avvicinare e allunga persino un braccio per toccarlo (i polpi hanno braccia, con ventose disposte per tutta la loro lunghezza, non tentacoli, con ventose solo sulle punte). Foster segue le vicende della bestiola per un anno (in realtà il film ha richiesto una decina d’anni per essere realizzato) fino alla sua morte, che segue l’accoppiamento e la deposizione di una covata di uova. I polpi vivono poco, al massimo un paio d’anni.
Le immagini sono bellissime e la documentazione di alcuni comportamenti è notevole anche dal punto di vista scientifico. C’è una scena al contempo terribile e spassosa in cui l’animale si piazza sulla schiena di uno squalo pigiama (così chiamato per via delle strisce scure, parallele e spesse che corrono lungo il suo corpo) perché sembra aver capito che cavalcandolo in quel modo può evitare di esserne divorato.
Il commento del filmato è a tratti intriso di antropomorfismo: il polpo allunga il braccio come segno di amicizia o semplicemente perché vuole sentire che sapore abbia Foster? Con le dovute cautele è interessante domandarsi quanto siano simili le funzioni cerebrali dei cefalopodi e le nostre.
Considerate la famosa prova dei dolcetti inventata dallo psicologo Walter Mischel, in cui un bambino deve resistere alla tentazione di mangiare subito un marshmallow per poterne ottenere anche un secondo successivamente. Questa capacità di posporre la gratificazione di un desiderio è considerata un superbo indicatore dell’intelligenza. L’etologa Alex Schnell, a Cambridge, ha scoperto che le seppie (che sono cefalopodi come i polpi) sanno resistere alla tentazione di un premio immediato a favore di uno ritardato ma più appetitoso. Interessante è il fatto che nell’attesa, proprio come fanno i bambini, le seppie sembrano cercare di distrarsi, per esempio volgendosi in modo da non guardare lo stimolo (nel test del marshmallow i bambini a volte si coprono gli occhi per non guardare il dolcetto e poter meglio resistere alla tentazione di mangiarlo subito).
Seppure dotati di un sistema nervoso centralizzato, i polpi hanno neuroni distribuiti su tutto il corpo, due terzi dei quali si trovano sulle braccia. Il poeta Andrea Bajani ci consegna al riguardo un confronto spietato: «In queste settimane tutti parlano / dei polpi, avrebbero il vantaggio / di un cervello non localizzato, / distribuito dappertutto. Pensavo/ fossimo gli unici imperfetti, / condannati dalla massa cerebrale. / Sono umani in stato terminale: il farabutto si è metastatizzato». (Dimora naturale, Einaudi, 2020).
Tuttavia vi sono sorprendenti somiglianze tra i cervelli (farabutti) dei cefalopodi e dei vertebrati. Qualche anno fa incuriosito dalla velocità con cui le seppie adattano il colore della loro epidermide al substrato, mi son chiesto se i due occhi (e le due parti del cervello, destra e sinistra) potessero fornire un diverso contributo al controllo del camuffamento. Con Christelle Alves, dell’Università di Caen e Alex Schnell abbiamo provato a posizionare delle seppie in modo tale che un occhio vedesse un substrato più chiaro e l’altro uno più scuro. Ebbene è risultato che l’occhio destro (e quindi le strutture del cervello connesse a questo) dominava la risposta di camuffamento: l’animale virava il suo colore secondo quanto percepito dall’occhio destro piuttosto che dal sinistro.
La capacità di questi animali di modificare il colore epidermico è alla base di un’altra un’osservazione sorprendente. I polpi dormono, mostrando dei periodi di quiescenza in cui stanno immobili e con i tentacoli raccolti. Durante questi periodi, però, ci sono delle fasi transitorie in cui all’improvviso la pelle degli animali prende a cambiare colore, come avviene di solito quando i polpi cercano di mimetizzarsi per non farsi notare dai predatori. Forse si tratta di un analogo della fase REM (Rapid Eye Movements) di mammiferi e uccelli, nella quale l’attività onirica è più pronunciata.
Paolo Legrenzi raccontava di recente (Quella cooperazione che ci rende umani, 1° marzo 2020, «Domenica» del Sole 24 Ore) che i bambini sono capaci di posporre la gratificazione di un desiderio molto più a lungo quando sono sottoposti al test del marshmallow in coppia anziché in solitudine. Il tema della socialità è importante se si vuole ragionare sulle pressioni selettive che possono avere promosso lo sviluppo dell’intelligenza. Ci sono due ipotesi. Secondo l’ipotesi sociale, l’intelligenza si sarebbe evoluta in relazione alle necessità della vita di gruppo (e quindi il riconoscimento individuale, i legami sociali, la cooperazione e l’inganno sarebbero stati i fattori cruciali), mentre secondo l’ipotesi ecologica, l’intelligenza si sarebbe evoluta in relazione alla necessità di scovare il cibo (e quindi una dieta generalista, la distribuzione spazio-temporale del cibo sul territorio e le tecniche usate per ottenerlo sarebbero stati i fattori cruciali). Le seppie e i polpi sono animali solitari (una versione sociale del test del marshmellow sarebbe improponibile). Hanno però una dieta generalista, basata su risorse effimere che richiedono periodi di esplorazione dell’ambiente prolungati e un uso flessibile della memoria, per cui potrebbe loro attagliarsi l’ipotesi ecologica.
Tuttavia è forse in un terzo dominio che trova spiegazione l’intelligenza di polpi e seppie. La perdita della conchiglia protettiva esterna ha reso questi animali particolarmente vulnerabili alla predazione, il che spiega come mai, a differenza di altre creature con grande flessibilità comportamentale essi abbiano una durata della vita così breve. Le sofisticate tecniche di camuffamento sono un esempio del tipo di adattamenti che questi animali hanno evoluto per far fronte ai predatori. Il protagonista del documentario si chiede a un certo momento se il suo polpo sogni e, se sì, che cosa stia sognando. Ebbene, forse il polpo sta sognando di essere inseguito da uno squalo pigiama.