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 2021  giugno 20 Domenica calendario

Lettere a Merlo su Montale e il camminare e su Guccini e le canzioni di una volta

Caro Merlo, a 51 anni sono una podista, una camminante, tenace e resistente viaggiatrice a piedi. Glielo scrivo perché ho letto con simpatia la risposta che ha dato a un irritante lettore iperscientista, a proposito del “quinto elemento” di cui ha scritto il filosofo Emanuele Coccia. Senza indulgere alla retorica ambientalista e salutista, ho scoperto che camminare è una filosofia. Non arrivo a dire che è la Natura contro la Storia, ma andare da Nizza a Sanremo non seguendo le strade, ma attraverso sentieri, boscaglie, lungofiumi… significa, glielo assicuro, prima entrare e poi “farsi portare” in un Laboratorio “in cui la materia si sforza disperatamente di arrivare alla coscienza”, mettere in contatto i piedi e il cuore, che sono i primi che si stancano, con “menti materiali”, con la materia che pensa e solo grazie a questo “riesce a organizzarsi, a produrre forme”. Le preciso che non sono fanatica, sono laureata in Fisica, ho un bel lavoro, un marito, due figlie, sono laica e non amo i pellegrinaggi religiosi, non indulgo alla fatica, non corro e al massimo trotterello,evito ponti sospesi e muraglie… Confesso: ho viaggiato durante la pandemia. Progetto una Bologna-Firenze. Se vuole, le racconterò.
Maria Lia Giambrone (è il cognome di mia madre) – Nizza
Difficile rispondere alla sua bella fascinazione. Lei sta parlando della teoria dell’etere. Conservo un’intervista del 1965 di Paolo Bernobini a Eugenio Montale. Il poeta elogia il podismo «una cosa deliziosa che a Milano non si può fare» e racconta: «Ho sognato di vincere una maratona così, partendo e mantenendomi in ultima posizione fino agli ultimi chilometri. Dopo, sospinto da una forza soprannaturale, scattare come una freccia e giungere primo al traguardo. Ma questo vorrei che mi succedesse ora, alla mia età, in modo da sbalordire tutti, sarebbe un trionfo molto superiore a quello che nessun altro poeta potrebbe augurarsi». E aggiunge di avere visto una maratona il cui vincitore «sembrava Attilio Momigliano…, magro, pallido, vecchio, con i baffi spioventi e con gli occhiali d’oro. Mi spiegarono che tutti gli altri concorrenti, molto più forti, erano svenuti e lui, trotterellando con il passettino da asino, era giunto primo al traguardo».
Caro Merlo, nell’intervista a Repubblica Guccini afferma che gli capita di ascoltare in radio quando viaggia in macchina delle canzoni di oggi che «non sembrano belle o brutte, mi sembrano inutili. Se penso alle vecchie canzoni … c’erano storie, parole messe bene insieme». Condivido sensazioni e giudizi del maestro; anche se mi accarezza un dubbio: è una “verità” o siamo anziani che coltivano con nostalgia il ricordo degli anni giovanili?
Calogero Barranco
«Ma perché ce l’avete con la nostalgia?» mi ha chiesto una volta Renzo Arbore. «Forse perché per tanto tempo erano chiamati “nostalgici” i fascisti e i monarchici? Boh».
Quando non c’è la trama, quando non ci sono, come dice Guccini, «le parole messe bene insieme», vuol dire che non c’è il senso. La narrazione è la precondizione per tutto il resto: l’impegno, l’evasione, lo svago, l’emozione… E vale anche per i romanzi, i film, persino per le foto. Le consiglio di tenere a mente questa frase ed evitare i libri che la espongono nel risvolto di copertina: «In pratica non c’è una vera e propria trama, ma è lo spaccato della vita…».
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