Robinson, 19 giugno 2021
Marguerite Chapin Caetani, nobildonna americana che visse tra Versailles e Roma
Quando, nel maggio del 1951, un giovane scrittore americano aveva suonato per la prima volta all’appartamento parigino di Marguerite Caetani, mitica ideatrice di riviste straordinarie come Commerce e Botteghe Oscure, era stata in primo luogo la singolarità della mise della padrona di casa a colpirlo. Ormai settantenne, con i capelli bianchi raccolti dietro la nuca, la principessa indossava un elegante tailleur di Chanel color ruggine, calze di seta e Keds da tennis bianche. Nel suo modo di vestire come nelle sue scelte letterarie la principessa non derogava da un personalissimo canone estetico dove tradizione e innovazione, classicità e modernità procedevano congiunte.
Marguerite Chapin era arrivata a Parigi dagli Stati Uniti nell’autunno del 1902 con una dama di compagnia al seguito. Orfana di entrambi i genitori, erede di una grande fortuna, bella e munita di una perfetta educazione wasp, la giovane americana sembrava uscita da un romanzo di Henry James. Veniva in Europa per trovare uno sbocco all’esigenza di mettere la sua vita al servizio della creazione artistica e nella capitale francese, allora laboratorio di tutte le avanguardie, maturava la sua vocazione di mecenate e di talent scout.
Entrata a far parte della società cosmopolita parigina e introdotta negli ambienti artistici, Marguerite aveva cominciato con l’interessarsi alla pittura simbolista dei Nabis e collezionare opere di Vuillard e Bonnard, ma sarebbe stata la sua passione per la musica a favorire nel 1910 l’incontro con un compositore italiano che, di lì a poco, sarebbe diventato suo marito. Bello, elegante, colto, Roffredo Caetani, principe di Bassiano, era arrivato Parigi in cerca di ispirazione, ed era riuscito a fare innamorare persino la inespugnabile contessa di Greffulhe, non ancora trasfigurata da Proust nella duchessa di Guermantes della Recherche. Uniti dagli stessi ideali, Roffredo e Marguerite avrebbero vissuto a Parigi gli anni più felici e fecondi del loro lungo sodalizio coniugale. Erano tornati in Francia alla fine della prima guerra mondiale e installatisi con i loro due bambini – Clelia e Camillo – a Versailles, nella meravigliosa Villa Romaine, ne avevano fatto un centro nevralgico della vita culturale dell’epoca.
Mentre Roffredo portava a termine Hypatia, l’opera a cui lavorava da anni, Marguerite finanziava una rivista trimestrale interamente dedicata alla letteratura.
«Perché non continuiamo le nostre conversazioni, i nostri dialoghi in un prodotto editoriale?» aveva infatti proposto all’inizio del 1924 Paul Valéry agli amici Valery Larbaud e Léon- Paul Fargue, riuniti a Villa Romaine. La rivista che il formidabile trio si accingeva a dirigere si sarebbe infatti chiamata Commerce, scambio di idee. Come suggeriva il disegno di un’antica bilancia che costituiva il marchio del primo Cahier, il criterio di scelta dei testi pubblicati era quello del “giusto peso”.
Apparso nell’agosto 1924, il primo numero raccoglieva oltre a scritti di Valéry, Fargue, Larbaud, Saint- John Perse, la traduzione di estratti dell’Ulisse di Joyce. L’ultimo – il XIX – uscito nel 1932, portava le firme di T. S. Eliot, William Faulkner, Henri Michaud, Paul Valéry, Valery Larbaud, e includeva i resoconti seicenteschi dei gesuiti in Cina.
«Commerce – scriveva la principessa alla sorella di Nietzsche nel chiedere l’autorizzazione di tradurre due testi inediti del filosofo – si propone di dare una voce non solo a coloro che possono dirsi giovani, ma precisamente e soprattutto a coloro che giovani restano». Se con” giovane”, Marguerite intendeva “vitale”, Commerce aveva vinto la scommessa. Nelle pagine illuminanti dedicate a Gli anni delle riviste ( Come ordinare una biblioteca) Roberto Calasso osserva che «il prodigio peculiare di Commerce, quando se ne scorre l’indice, è che quasi tutti i nomi suonano, dicono ancora qualcosa».
Marguerite avrebbe ripetuto l’impresa sedici anni dopo, nel 1948, con Botteghe Oscure, una pubblicazione semestrale che prendeva il nome della strada su cui si affaccia palazzo Caetani. Ritornare ad occuparsi di letteratura era per lei il miglior modo di reagire agli orrori della Seconda guerra mondiale e al dolore per la morte del figlio Camillo, ucciso in Albania per mano dei fascisti. Le sembrava necessario sprovincializzare la cultura italiana, far conoscere, in epoca di maccartismo e guerra fredda, le voci degli scrittori di qualità delle due rive dell’Atlantico.
Nominato su consiglio di Elena Croce caporedattore della nuova rivista, il trentaseienne Giorgio Bassani si sarebbe occupato della scelta degli scrittori italiani. Limitiamoci a ricordare i nomi di Montale, Saba, Penna, Pasolini per la poesia, di Silone, Carlo Levi, Pratolini, Calvino e dello stesso Bassani per la narrativa. Nel 1957 la rivista pubblicava in anteprima Una giornata del principe Fabrizio, le pagine iniziali del Gattopardo. Marguerite si riservava invece la selezione degli scrittori stranieri facendo di Botteghe Oscure una seguitissima rivista internazionale dove si potevano leggere in originale i testi di Stephen Spender, Dylan Thomas, Wallace Stevens, Tennessee Williams, Truman Capote, accanto a quelli di René Char, Philippe Jaccottet, Albert Camus, Georges Bataille. Nei suoi dodici anni di vita Botteghe Oscure avrebbe ospitato 650 scrittori di trenta paesi diversi, e Pietro Citati poteva ricordarla come «la più bella rivista italiana del tempo».
Ma il lavoro assorbente di Botteghe Oscure non impediva a Marguerite di raggiungere un altro primato, facendo di Ninfa, un’antica proprietà dei Caetani nell’Agro Pontino, uno dei più bei giardini del mondo.
A dedicare finalmente alla principessa americana e alla sua vita straordinaria di mecenate dell’arte e di giardiniera, una prima attesissima e documentatissima biografia è oggi Laurie Dennett, e la nostra gratitudine all’editore Allemandi per offrircene la lettura sarebbe ancora maggiore se l’edizione italiana fosse corredata da un indispensabile indice dei nomi e si avvalesse di una traduzione adeguata.