la Repubblica, 19 giugno 2021
Intervista a Morgan
Morgan non ha molti dubbi ed è sostanzialmente d’accordo con il grande cantautore bolognese: la canzone italiana di oggi non è particolarmente interessante. «Oggi in Italia viviamo nel mezzo di una grande occasione perduta», sostiene Morgan, «ci sono due filoni fondamentali, il trap e l’indie, molto diversi l’uno dall’altro. Il trap è la musica della strada, che in realtà ha più coraggio, molti dei testi sono audaci, azzardati, ma si muovono nella direzione sbagliata perché sono volgari e violenti. Hanno la forza della trasgressione, nelle loro canzoni c’è la lotta e la lotta nella canzone ci sta perfettamente, anche Guccini ce la metteva. Ma questa lotta è tenuta a bada, controllata, manipolata, posseduta dal sistema.
Il sistema controlla la rivoluzione ma la rivoluzione deve sfuggire al controllo, mentre invece i trapper sono catturati, sono ribelli in cattività».
E l’indie?
«L’indie è il vuoto dei contenuti. In teoria i rappresentanti dell’indie potrebbero parlare, ne hanno la possibilità, ma sono borghesi che fingono di essere ribelli, radical chic, producono musica che non ha valore morale, contenuto, lotta, parlano solo di stronzate, raccontano le loro seratine e i loro amorini, cavolate della vita borghese media. Sono travestiti da ribelli ma quando vanno a casa fanno i conti con le famiglie che gli dicono con chi si devono sposare. E quindi abbiamo canzoni senza cantautori, canzoni esteticamente pregevoli in cui dentro si respira il vuoto della nostra società, canzoni inefficaci. Ecco, la canzone di oggi è fatta da leoni in gabbia o da leoni che dimenticando la loro natura si sono messi in giacca e cravatta».
Quindi un’occasione perduta?
«Sì, perché i giovani ci sono, sono tanti, ma non colgono l’occasione che hanno davanti. La canzone ha ancora una forza straordinaria, ha strutturalmente un potenziale grandissimo per essere un veicolo di libertà e umanità. Questa occasione si può ancora cogliere, nulla è perduto. Il problema è nella paura di metterci dentro quel materiale pesante e potente che è la verità, la possibilità c’è, gli artisti ci sono, vanno aiutati a mettersi sulla strada giusta».
Ovvero?
«La conoscenza dello strumento che usano e del mondo che hanno intorno, ovvero un problema culturale. I potenziali nuovi artisti hanno poca cultura del passato e in generale, musicalmente parlando, non suonano neanche gli strumenti, ignorano come si fa la musica, lavorano per compartimenti stagni, autori, scrittori, produttori, ingegneri, distinguono i ruoli mentre non dovrebbero accettarlo, il cantautore fa come Leonardo Da Vinci e fa tutto, non lavora in una catena di montaggio, deve saper generare una canzone e portarla fino alla fine. Ma al di là di tutto il problema, lo ripeto, è culturale, e si riassume nel fatto che il più esperto della materia, ovvero io, al convegno su cantautori e poesia, non c’è. E sono anni che me ne occupo».
Quello tra poesia e canzone è infatti un rapporto complesso.
«È un rapporto tutt’altro che banale, perché sono due cose diverse. La poesia ha una incomunicabilità maggiore, motivo per cui non va in classifica e i poeti non declamano negli stadi. La canzone è un veicolo per un messaggio libertario incredibile, di una potenza e di una profondità assoluta. E ha una struttura fatta di materiale molto resistente che gli permette di essere ancora oggi ovunque, in grado di toccare tutti, a ogni età e latitudine, ogni fascia sociale. Ma l’allarme di Guccini è importante, ci dice che non tutto è per sempre».
Quindi cosa bisognerebbe fare?
«Il ruolo del cantautore dovrebbe essere un ruolo di libertà, in questo momento allarmante, estremamente problematico. Il problema dell’epoca post covid è quello del rapporto relazionale tra le persone e la capacità di agire secondo sentimento e non secondo convenienza. Il problema di questo mondo è quello dell’umanizzazione. Il cantautore è un umanista, è una figura che mette insieme il vecchio e il nuovo, il trasgressivo e l’istituzionale, una figura di grande equilibrio, perché comunica quello che per le persone è importante e le accompagna per tutta la vita. È un ruolo fondamentale per il benessere della gente, perché le canzoni sono parte del nostro universo emotivo.
Se pensiamo solo al denaro non andiamo da nessun parte, se parliamo di musica, di filosofia, di poesia, di canzone, potremmo essere migliori. Ma se a un convegno come quello su musica e poesia non vengo invitato, o lo hanno fatto e io ero ammalato e non potevo esserci, oppure è un convegno inutile e parleranno di buffonate».