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 2021  giugno 19 Sabato calendario

Intervista a Aguila Saleh Issa, il presidente della Camera dei rappresentanti che chiede sanzioni a chi ostacola la rinascita della Libia


ROMA – Se ha ragione lui – il presidente della Camera dei rappresentanti (il Parlamento libico) Aguila Saleh Issa, uomo della Cirenaica, a Roma per una serie di incontri istituzionali – la Libia è a una svolta epocale: democrazia, pace e stabilità sono «dietro l’angolo» grazie alle elezioni che «si terranno regolarmente il 24 dicembre sotto il controllo dell’Onu», facendo nascere il primo vero governo democratico. Al contrario, molti temono che le tensioni sul terreno siano troppo radicate per celebrare uno storico appuntamento elettorale. Lo incontriamo nell’hotel romano in cui alloggia.
Presidente, che cosa le fa pensare che non ci saranno rinvii?
«Giorni fa il presidente della Commissione elettorale mi ha detto che a inizio luglio verranno registrati gli elettori. Non ci sono ostacoli al processo elettorale, a parte i gruppi fuorilegge le cui voci non devono essere ascoltate. Siamo decisi a far rispettare la data stabilita. Le presidenziali unificano le istituzioni e le forze armate, e sono il pilastro della riconciliazione. Non può esserci stabilità per altra via che l’elezione di un presidente che rappresenti l’intero popolo libico».
È un auspicio o una previsione?
«Il popolo libico desidera eleggere direttamente il presidente, e i deputati concordano. Anche il generale Haftar ha dichiarato di appoggiare le elezioni. Ci aspettiamo che la comunità internazionale annunci chiaramente che chi ostacola la riconciliazione e l’unificazione con l’elezione diretta sarà sanzionato: sia persona o istituzione, città o regione o Stato.
Dobbiamo riporre le casse delle armi e aprire le urne elettorali».
Ma il governo che traghetta al voto vuole il bilancio approvato: perché non date il via libera?
«È molto esagerato nei numeri sia per la maggioranza del popolo libico che per i deputati. Inoltre non è stato ripartito con le poste necessarie, ci è arrivata una proposta a cifra unica senza chiarire le modalità di spesa. È in commissione Finanze, credo sarà approvato nei prossimi giorni per garantire gli impegni del governo di breve periodo: cibo, medicine e retribuzioni, ma anche il sostegno alla Commissione elettorale perché possa organizzare il voto».
I soldi servivano per sbloccare investimenti. Negare il via libera è uno sgambetto al premier Dbeibah, che potrebbe candidarsi?
«La Camera ha 3 mesi per discutere.
Il governo non ne ha avuto intralcio perché può disporre di un dodicesimo dei fondi».
I vertici internazionali hanno ribadito che le forze militari straniere lascino la Libia. Accadrà?
«Lo chiediamo insistentemente, e i Paesi che hanno voce in capitolo appoggiano questa richiesta. La Libia è indipendente e ha sovranità. Le forze militari straniere appoggiano parti diverse, ingeriscono negli affari interni e ritardano la pacificazione, l’unità e la soluzione della crisi».
Il legame tra governo di unità
nazionale e Turchia è forte. Crede che Erdogan farà un passo indietro?
«Le convenzioni tra Stati devono essere ratificate. Quella con la Turchia è stata respinta ed è nulla. La presenza militare turca non ha legittimità. La Turchia sta facendo un’ingerenza palese, e non rispetta nemmeno l’iter e i principi diplomatici. Rifiutiamo questo atteggiamento, questa mancanza di rispetto per la sovranità libica».
Nella sua Cirenaica ci sono i russi, i finanziamenti emiratini alle milizie, la Wagner. Senza contare il generale Haftar.
«Le forze armate libiche non saranno mai unificate senza elezioni presidenziali. Il comitato dei ‘5+5’ sta esaminando il cessate il fuoco, ma la mancata esperienza del governo fa sì che appoggi una sola parte militare, e ciò accresce la divisione nel Paese».
Che ruolo ha l’Italia in Libia?
«È un Paese amico e vicino. Contiamo molto sull’Italia perché porti le nostre istanze alla conferenza di Berlino 2.
Abbiamo bisogno di Roma per la ricostruzione: per l’autostrada costiera nella parte orientale è tutto pronto, sia dal punto di vista della sicurezza che tecnico. Il ministro Di Maio ha promesso che le imprese italiane incaricate inizieranno presto i lavori. Abbiamo insistito anche per la riapertura del consolato italiano a Bengasi, e ha promesso avverrà la settimana prossima: è necessario e urgentissimo».
Qual è l’obiettivo della sua visita?
«Ho incontrato i presidenti di Camera e Senato e il ministro degli Esteri, tutti hanno appoggiato le nostre richieste: far uscire le forze straniere dal Paese; elezioni presidenziali e parlamentari il 24 dicembre; l’istituzione di un’autorità di vigilanza sul bilancio, e le sanzioni a chi si oppone alla pacificazione.
Vogliamo sia rispettato il risultato delle urne: chi viene eletto dal popolo libico, con vigilanza Onu, è il presidente di tutti».