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 2021  giugno 19 Sabato calendario

Iran al voto

TEHERAN ? Il grande favorito arriva con passo lento, la tunica beige e il turbante nero, gli occhiali sottili sotto la mascherina. Alza la mano destra in segno di saluto: «Lode a Maometto, è giunto il profumo di Beheshti», intonano gli uomini che lo circondano, ricordando l’ayatollah che fu determinante per il successo della Rivoluzione islamica del 1979. È il giorno delle elezioni per la presidenza in Iran, e il capo della magistratura, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, è largamente in testa nei sondaggi. Sceglie il sud di Teheran per andare a votare, il seggio allestito nella moschea Ershad di Shahr-e Rey: fino a due secoli fa era una città autonoma, punto di passaggio della via della Seta in Iran, poi lo sviluppo rapido della capitale l’ha trasformata in un distretto, il numero 22, una zona conservatrice dove vivono operai e pendolari. «Sono il servitore del popolo», dice Raisi, ripetendo il messaggio su cui ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Di buon mattino sono state allestite due file di votanti a favore di telecamera, uomini divisi dalle donne, tutte coperte con il chador nero. «Da capo della magistratura ha lavorato bene, nell’interesse della gente, ora deve pensare all’economia, per questo lo voterò», ci dice un impiegato sulla quarantina che aspetta con sua figlia.
Nell’ultima settimana di campagna elettorale i conservatori si sono mobilitati per convincere la loro base a votare e scongiurare così l’astensione record che tutte le rilevazioni registravano. Nei gruppi Telegram conservatori ieri per invogliare al voto giravano le foto di un bacio sulla fronte di Qasem Soleimani a Raisi. La figura del generale ucciso dagli americani nel 2020 esercita ancora un forte carisma in Iran, è considerato da molti un martire e un’icona, e quel bacio testimonia la purezza e la bontà di Raisi agli occhi dei seguaci.
«Abbiamo avuto persone come Soleimani, il minimo che possiamo fare per il nostro Paese è andare a votare, non è vero che sia tutto deciso, siamo noi a scegliere», scandisce una maestra al seggio. «Votiamo perché non dimentichino i nostri martiri», dice un’altra donna accompagnata dalla madre, due religiose.
Risalendo da sud a nord, verso la zona più ricca di Teheran, i seggi appaiono semivuoti, e tra i pochi elettori è raro trovare sostenitori di Abdolaser Hemmati, l’ex banchiere centrale che ha provato a ostacolare la corsa solitaria di Raisi dopo l’esclusione di gran parte dei candidati moderati e riformisti da parte del Consiglio dei Guardiani. Hemmati è un tecnocrate vicino ai riformisti, si è presentato come il candidato dell’apertura al mercato e della tolleranza nei costumi e ieri mattina ha scelto di votare nel seggio di Hosseiniyah Ershad, nel nord, dove vanno molti politici e parlamentari. A differenza di Raisi c’è andato con sua moglie, Sepideh Shabestari: dottorato in economia, ha fatto tutta la campagna elettorale accanto al marito, spigliata nelle interviste in tv, sempre indossando hijab colorati che fanno a pugni con il tradizionale chador nero. Ma quella di Hemmati sembra un’impresa impossibile. Il governo ha deciso di tenere aperti i seggi fino alle 2 di notte per permettere alla gente di votare. A tarda sera informazioni ancora non ufficiali davano una percentuale parziale di votanti intorno al 37 per cento. Per vincere Raisi ha bisogno di raccogliere il 50 per cento più uno dei voti, altrimenti si va al ballottaggio il 25 giugno.