La Stampa, 19 giugno 2021
I vescovi Usa scomunicano Biden
I vescovi cattolici americani ignorano le sollecitazioni del Vaticano e puntano Biden, approvando con una maggioranza del 73% la redazione di un documento sulla comunione, che potrebbe negare il sacramento ai politici che non si oppongono all’aborto. Una decisione che rischia di mettere la Chiesa al centro della guerra culturale in corso negli Stati Uniti, spaccando non solo la gerarchia, ma anche i fedeli. E alla quale il presidente Biden ha replicato: è una vicenda privata.
Biden, secondo presidente cattolico nella storia del paese dopo Kennedy, è un credente praticante che va a messa ogni domenica. In tema di aborto, sul piano personale accetta l’insegnamento della Chiesa ed è contrario. Come politico, però, rispetta la laicità dello stato e quindi l’obbligo di applicarne le regole. La Corte Suprema ha appena accettato di discutere un caso per riesaminare la legalità della pratica.
Dopo l’elezione di Joe, la Conferenza episcopale americana (Usccb) aveva deciso di creare una commissione per discutere il problema posto dal suo ingresso alla Casa Bianca. L’iniziativa era stata promossa dai vescovi conservatori, come il presidente dell’Usccb e arcivescovo di Los Angeles Gomez, che paradossalmente si sentivano più vicini a Trump. L’idea poi si è trasformata nella redazione di un documento sull’eucaristia, che secondo le anticipazioni della rivista "America" dovrebbe ribadire le fondamenta del sacramento, aggiungendo però un richiamo specifico ai cattolici in posizioni di leadership affinché «testimonino la fede».
Il Vaticano, attraverso una lettera del cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, aveva sconsigliato ai vescovi di prendere una posizione netta, per evitare di trasformare la comunione in uno strumento di lotta politica. La Conferenza episcopale ha discusso la questione nel vertice semi annuale di giovedì, in maniera molto animata, e poi ha votato. L’arcivescovo di San Francisco Cordileone, pastore anche della Speaker della Camera Pelosi, ha avvertito che «la nostra credibilità è in gioco. Se non agiamo in maniera coraggiosa, come potremo aspettarci di essere presi sul serio su altri temi?». Il collega di San Diego, McElroy, gli ha risposto così: «In questo modo la comunione diventerà uno strumento del feroce tumulto politico. Sarà impossibile impedire che venga usata come un’arma. E una volta legittimata l’esclusione su base politica, inviteremo l’animosità partitica nel cuore della celebrazione eucaristica».
Ieri è stato annunciato l’esito della consultazione: 168 vescovi hanno votato a favore, 55 contro e 6 si sono astenuti. Quindi il documento verrà scritto, ma nel giro di sei mesi dovrà essere sottoposto ad una nuova conta. Per essere adottato avrà bisogno della maggioranza di due terzi, e qui avverrà il vero scontro, se non sarà abbastanza equilibrato e diplomatico.
Sul risultato di ieri pesa il fatto che la maggioranza dei vescovi in carica è stata nominata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma l’arcivescovo di Washington Gregory, elevato alla porpora cardinalizia da Francesco, ha già detto che comunque vada continuerà a dare la comunione a Biden.
La questione si era già posta nel 2004, quando il cattolico Kerry aveva corso per la Casa Bianca. Allora il Vaticano, attraverso il cardinale Ratzinger, aveva consigliato la linea dura, ma l’Usccb l’aveva ignorato, lasciando la decisione ai singoli vescovi. Ora le posizioni si sono irrigidite e i rapporti di forza nell’episcopato rovesciati. Perciò si rischia lo scontro che minaccia poi di dividere i fedeli tra conservatori e progressisti, senza possibilità di dialogo.