La Stampa, 19 giugno 2021
Far west logistica
Dici logistica e viene in mente l’anno della pandemia, l’esplosione del commercio elettronico. «Una benedizione per il settore, una maledizione per noi», sintetizza Pape Ndiaye, responsabile a Milano di un sindacato, il Si Cobas, che ha dichiarato guerra ai signori dei pacchi. E mentre a Novara piange Adil Belakhdim, collega finito sotto le ruote di un camion, usa parole novecentesche per descrivere la modernità: «I padroni per loro natura sono sfruttatori, ma nella logistica a loro tutto viene concesso, le istituzioni non muovono un dito. Sa perché? Perché all’80% i lavoratori che smistano i pacchi sono immigrati. Sono tenuti con il ricatto del permesso di soggiorno. Devono tacere e lavorare: niente orari, niente straordinari, niente diritti. Tutti accomunati dalla dittatura delle consegne». La logistica è un animale strano. È un settore importante, da sola vale il 9% del Pil, e impiega un variegato mondo di quasi 970 mila addetti. Ma regna il caos, soprattutto nei magazzini dove la merce viene stoccata, prima di riprendere il viaggio. Un mondo in cui «si stanno verificando troppi episodi d’intimidazione e di violenza», denuncia anche il numero uno della Cgil, Maurizio Landini. Un settore, dove «anche per effetto del ricorso ad appalti e subappalti, e dell’applicazione di contratti pirata, i diritti e le tutele fondamentali dei lavoratori sono continuamente calpestati, in un clima spesso da Far West».Ci sono nomi nuovi, l’handling, per mestieri vecchi come quello dei facchini. Più di 400 mila anime, moltissimi sono stranieri: egiziani, marocchini, indiani... Storie dimenticate di sofferenza quotidiana, arrivate agli scontri e alla violenza. Eppure nemmeno un mese fa è stato approvato il nuovo contratto collettivo di lavoro che a regime riconosce un aumento di 104 euro, lasciando inalterate le tutele. «Tutele per chi le ha», taglia corto Andrea («meglio non fare cognomi»), che lavora a Novara in un grosso gruppo e che collaborava con il sindacalista caduto a Biandrate per far rispettare i diritti: «Tanta gente anche qui dovrebbe lavorare 8 ore e ne lavora 12, e non ha nemmeno un vero diritto di sciopero. I sindacati confederali stanno con i padroni. Noi siamo soli».In realtà i sindacati più rappresentativi, in questa giungla di subappalti, si sentono le mani legate. «Le criticità nella logistica sono iniziate da quando le aziende hanno messo fuori mercato il sindacato confederale – osserva Salvatore Pellecchia, segretario generale della Fit-Cisl – quando alcune aziende hanno cominciato a non rispettare più gli accordi e i contratti cercando un maggior profitto. Questo fa sì che la filiera della logistica si è frammentata e nell’ambito di questa polverizzazione si sono insediate situazioni con contratti concepiti per altre realtà con un certo risparmio per i committenti». Un quadro desolante di sommersi e salvati studiato anche nelle università. Michele Faioli, giuslavorista della Cattolica di Milano, sa bene cosa succede dentro quei capannoni: «Nella catena dei subappalti – spiega – il contratto collettivo nazionale non viene applicato pienamente, talvolta proprio per nulla». Ci sono cooperative di lavoratori che nascono «solo per vincere appalti e subappalti» e che «applicano contratti che comportano un costo del lavoro più basso anche del 40%». Sono lavoratori deboli, spesso migranti «con cui è difficile interagire, non sindacalizzati o legati a sigle minori». E così le clausole sociali – i diritti dei lavoratori, in sostanza – diventano un optional «ed è difficile per questi lavoratori ottenerne l’esigibilità»: non bastano gli ispettori del lavoro. In questo settore «matrioska», dove le aziende più grandi contengono subappaltatori più piccoli fino a perdersi in groppuscoli senza controllo vige lo scaricabarile. «Nella migliore delle ipotesi – dice Pellecchia – ci troviamo di fronte a colossi come Amazon che si rifugiano dietro all’impostazione secondo cui loro non c’entrano niente, loro sono solo il magazzino e gli altri i fornitori. Andrebbero rese chiare le responsabilità». I rappresentanti delle imprese mostrano buona volontà: «Quella accaduta a Biandrate è una tragedia che ci obbliga tutti a fermarci per capire cosa possiamo fare affinché certe cose non accadano più», afferma Umberto Ruggerone, neo presidente di Assologistica, che rappresenta 260 imprese del comparto. «Questo è un settore che ha vissuto, in alcune aree di attività, un incremento tumultuoso». Non solo. «Pensi che il contratto di logistica nemmeno è previsto nel codice civile. In un contesto in cui le regole non sono chiare è facile che accadano cose non trasparenti». Gli argomenti da sistemare non mancano. «Quello degli stranieri fuori dalle regole è di certo un problema, in un mondo dove però c’è l’esigenza di far fronte a richieste del mercato anche di notte o nelle festività. Da tempo ci siamo posti l’obiettivo di approfondire la contrattualizzazione, i subappalti. Siamo a completa disposizione del ministro Orlando».Non tutto è male, nella logistica. Anzi. «Negli ultimi anni il settore ha fatto molta innovazione tecnologica, ha migliorato il servizio: sparare sulla logistica è come sparare sull’edilizia perché ci sono i subappalti. Bisogna fare attenzione», avverte Luca Lanini, professore di logistica alla Cattolica. Ma è chiaro che «l’e-commerce e il suo boom hanno creato un enorme surplus di traffico che qualcuno tampona», anche in modo non ortodosso. «Occorre vigilanza delle aziende-clienti. Ma anche maggior consapevolezza da parte dei consumatori: lo sa che il peso dei resi, la merce che torna indietro nel commercio elettronico, in alcuni casi va dal 20 al 40%?». Per provare a casa abiti o scarpe di tre taglie diverse le famiglie intasano interi magazzini, con picchi di superlavoro estremo. L’esplosione dell’e-commerce, concorda Alberto Grando, professore di Operations management alla Bocconi, «ha messo pressione su un sistema che aveva dei problemi strutturali precedenti come un’estrema frammentazione e una certa arretratezza delle logiche gestionali». La verità, aggiunge Damiano Frosi, direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, «è che non c’è ancora una logistica dimensionata per soddisfare la domanda in maniera efficace». Una domanda complessa, con «ordini sempre più piccoli». Occorre «lavorare di più su dati e automazione». Ci salveranno i robot. Che importa a loro dei diritti, dopotutto?