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 2021  giugno 18 Venerdì calendario

Elezioni in Iran, anche Ahmadinejad non andrà a votare: «Risultato scontato»

Una volta le elezioni iraniane si decidevano sui centimetri tra la fine del velo e l’inizio della fronte delle donne. I «riformisti» pensavano che potesse stare a metà testa, lasciando scoperti i ciuffi. Per i «conservatori» guai a far uscire un capello. Si discuteva di quanto la moralità della Repubblica Islamica dovesse entrare nel privato (velo, barba, cravatta, fidanzamenti, baci…) perché tanto la crescita del Paese garantiva a tutti lavoro, a molti l’università e a qualcuno anche chirurgia estetica e lusso. L’Iran era (e resta) il più moderno, colto, industrializzato tra i Paesi dell’area. Le regole elettorali erano poco occidentali, ma accettate dagli iraniani. Poi è arrivato il 2009 e la sensazione che la vittoria del conservatore Mahmud Ahmadinejad fosse stata rubata al riformista Mir-Hosein Mousavi. L’Onda Verde delle proteste venne repressa, Ahmadinejad finì il mandato e per otto anni divenne presidente Rouhani, né riformista né conservatore, piuttosto un «pilota automatico» che doveva portare il Paese fuori dalle sanzioni americane. Nel 2015 Rouhani firmò l’accordo sul nucleare con Barack Obama. Finalmente l’Iran poteva comprare pezzi di ricambio, aprire al turismo, agli investimenti. Soldi per tutti. Ma è durato poco. Il presidente Donald Trump ha stracciato il patto e imposto sanzioni durissime su chiunque faccia affari con Teheran.Siamo all’oggi, giorno di elezione del successore di Rouhani. I seggi rimarranno aperti spesso fino a mezzanotte, ma sabato sarà comunque veloce contare le schede perché pochi dicono di voler andare alle urne. A differenza del passato, la sfida appare decisa in partenza. Nessun candidato riformista è stato ammesso. Per assenza di rivali, prevarrà Ebrahim Raisi, il giudice più alto in grado del Paese. Il vecchio gruppo conservatore avrà così il controllo anche dell’ultima poltrona che gli mancava. Ma ha ancora senso parlare di conservatori e riformisti? O piuttosto il sistema iraniano sta cambiando pelle?
In questa intervista, concessa in esclusiva ieri al Corriere, l’ex presidente Mahmud Ahmadinejad spiega che sì, l’elemento nuovo c’è. È il ruolo di quello che lui chiama «gruppo di sicurezza» e che per tutti gli altri sono i Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione.
I suoi rivali del 2009, Musavi e Kharrubi, sono ancora agli arresti domiciliari. Le sembra giusto?
«No. Purtroppo però sono cose che succedono quando ci sono conflitti. Sono dispiaciuto. Spero che finirà presto. Ho fatto degli sforzi in passato e ne farò in futuro».
A Teheran si dice che queste elezioni abbiano già un vincitore.
«Anch’io penso così».
Neppure lei, conservatore ed ex presidente, ha potuto competere.
«Ho chiesto che mi spiegassero il motivo, ma non hanno risposto. È una scelta politica».
Boicotterà il voto?
«Non andrò a votare. Mi sono esposto perché me l’hanno chiesto milioni di cittadini, ma ho chiarito che, in caso di squalifica, non avrei partecipato. Se qualcuno ha voglia di votare, faccia pure. Io no».
Trattative
«L’accordo sul nucleare non era giusto, gli Usa devono cambiare linea»
Nel 2020 gli Usa hanno ucciso il generale Soleimani. La morte del comandante Pasdaran ha ridato unità all’Iran. Dalle rivolte contro l’aumento dei prezzi del 2019 si è passati a imponenti cortei pro governo.
«Il terrorismo internazionale è un atto deplorevole, ma più che una riunione con il governo, quei cortei erano una denuncia verso gli Stati Uniti».
Perché le proteste non sono riprese? Le sanzioni americane hanno continuato ad azzoppare l’economia.
«In parte ha influito il Covid. Ma soprattutto sono state le condizioni di sicurezza ad essere peggiorate. Un’“gruppo di sicurezza” ha aumentato il budget proprio per il controllo delle manifestazioni. E ha avuto successo. Però il problema dell’Iran non sono le sanzioni americane».
No?
«L’Iran è un Paese ricco di risorse naturali e umane, ma Rouhani, il mio successore, ha investito tutto in politica estera. Risorse che sarebbero dovute restare qui».
Grazie alla destabilizzazione seguita all’invasione americana dell’Iraq e all’azione dei Pasdaran, l’influenza di Teheran è aumenta enormemente.
«Washington ha voluto aiutarci? Scherzi a parte, mi oppongo a questo stile di controllo del mondo. Tutti dobbiamo rispettare i principi di non ingerenza. Noi iraniani non abbiamo mai messo gli occhi sulle risorse naturali degli Stati Uniti o dell’Europa. Fate altrettanto voi. Invece volete energia e in cambio vedere armi. Lo sa che i più lucrosi contratti per armamenti si firmano in Medio Oriente?».
E l’accordo nucleare? A Vienna si tratta.
«Bene, quest’ostacolo va rimosso. Ma rifletto. Ci sono stati negoziati per anni, è stata firmata un’intesa e, dopo poco, è diventata carta straccia. Perché? Perché non era un accordo giusto. Dobbiamo aspettare il cambiamento nel comportamento americano».
Astensionismo
A differenza del passato, la sfida appare decisa in partenza per assenza di rivali
Quello iraniano resterà uguale?
«Non sono il portavoce di Raisi».