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 2021  giugno 18 Venerdì calendario

Intervista a Francesco Guccini (che ha smesso di ascoltare canzoni perché non raccontano più storie)


Concede poco, pochissimo, alla vita pubblica e dal suo eremo pavanese Francesco Guccini appare sempre di più come un saggio montanaro difensore di antichi riti della parola e della musica. Al punto che a mancargli non sono tanto i concerti, ma la convivialità che ai concerti era ineluttabilmente connessa: «Ma sì, mi manca il prima e il dopo, soprattutto il dopo quando si andava tutti a mangiare, mi manca l’incontro coi musicisti e la botta, l’urlo della gente, anche se durava per pochi secondi, ma la tensione no, quella era una sofferenza...».Come hanno fatto a stanarla dalla sua casa di Pavana per partecipare stasera a Bologna a “Poeti, trovatori, cantastorie”, la serata organizzata nel Cortile dell’Archiginnasio dal dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università con la direzione artistica del poeta e scrittore Davide Rondoni dove si parlerà di poesia cortese, Dante e Guinizelli e dove risuoneranno, musicate, antiche liriche?«Perché ho conosciuto la professoressa Giuseppina Brunetti che mi ha portato a delle riunioni organizzate da un prete singolare, Luigi Verdi, alla Fraternità di Romena; lei parlava di filologia, da lì siamo arrivati a quest’iniziativa dove io, si badi, parlerò solo. Ovviamente i miei ricordi su Dante risalgono all’università, però mi piaceva molto la poesia provenzale, e anche il dolce stile, non dimentichiamo poi che Guinizelli era bolognese».Ma cosa hanno da dire a noi oggi questi poeti?«Non so se Dante o Guinizelli fossero musicisti, sicuramente lo erano i provenzali; in un certo senso sono gli antenati dei cantautori, quindi si può dire che io sia un esperto del ramo.Diciamo che musica e poesia si sono separate dopo, si sono specializzate, ma certi procedimenti sono continuati, pensiamo ai libretti d’opera, ma anche noi cantautori… Per esempio un pezzo come Scirocco l’ho scritto mentre il mio amico Flaco Biondini mi suonava la musica.Comunque l’eccelso poeta Dante frequentava Bologna, ha studiato anche il dialetto, quindi potremmo dire che è un caso che noi parliamo toscano e non bolognese. In realtà alla fine del magistrale ho scoperto i poeti del dolce stil novo, ricordavo a memoria la poesia Al cor gentil rempaira sempre amore, ero innamorato di una ragazza e le regalai un librino della Bur, ma non funzionò, fu un amore sfigatissimo, insomma Guinizzelli come intorto non ha funzionato».Forse avrebbe funzionato se le avesse dedicato una sua canzone?«Forse, ma non ne avevo, era il 1958, oppure sì, ne avevo già scritte un paio ma erano impresentabili».A proposito di inizi, c’è un vecchio ricordo tv in cui per la prima volta vi siete trovati con Battiato, introdotti da Caterina Caselli e Giorgio Gaber. Se lo ricorda?«Sì, anche lui all’epoca si faceva chiamare Francesco, ma fu un incontro casuale, non eravamo amici. L’ho conosciuto molto meglio dopo, negli anni d’oro del Tenco, ricordo che era un gran barzellettiere, il che non ha niente a che vedere con le sue grandi qualità musicali, ma è un aspetto che mi colpì molto perché era meno prevedibile».Come si trova rispetto alla musica che si sente oggi?«Ho 81 anni e non capisco niente, ma è anche vero che non ascolto musica, se non per caso. Quando sono in macchina con mia moglie lei mette la radio ma io le chiedo di spegnere; e comunque il problema è che non sembrano canzoni belle o brutte, mi sembrano inutili. Ogni tanto mi viene da pensare a vecchissime canzoni come Signorinella, Vecchia America...c’erano storie, parole messe bene insieme».Ma il fatto è che la canzone d’autore è praticamente scomparsa dalla scena, i giovani fanno altro…«Non è vero, ce ne sono tantissimi. La realtà pullula di giovani cantautori, ma non arrivano a nessuno».