la Repubblica, 18 giugno 2021
Intervista al presidente tunisino Kais Saied (parla dei migranti)
ROMA – Il presidente tunisino Kais Saied, professore di diritto costituzionale, venne eletto capo dello Stato con voto popolare nell’autunno del 2019. Si lanciò in una campagna elettorale “populista”, condotta contro i partiti tradizionali: al secondo turno fu votato dal 70% degli elettori. Saied ha appena chiuso una visita di Stato in Italia: ha trascorso due giorni a Roma, ha visto Mattarella, Draghi e i ministri più importanti del governo. L’Italia vorrebbe parlare d’altro, ma il tema delle migrazioni illegali rimane sempre l’argomento principale.
Presidente, ormai tra i migranti che sbarcano in Italia ci sono tantissimi tunisini, famiglie intere.
Perché?
«Perché la situazione economica del Paese è molto difficile. Madri con i loro figlioletti non esitano a prendere un barcone in direzione dell’Italia, che è il Paese più vicino. Ho incontrato giovani che avevano provato a partire ed erano stati riportati indietro. Mi hanno detto: “Appena possibile ci riproveremo”.
Dopo la rivoluzione del 2011 ciascuno ha provato a realizzare il suo sogno: il sogno dei giovani di realizzarsi, di avere un lavoro in condizioni umane.
Era quello che nell’altro secolo hanno cercato anche in Tunisia tanti italiani. Oggi al contrario i tunisini provano a cercare rifugio in Italia.
L’immigrazione illegale, i trafficanti di uomini vanno fermati. Ma la soluzione sicuritaria non è sufficiente».
Ma non crede che vada fatto di più per fermare i criminali che in Africa speculano su questo traffico?
«Nei mei incontri con i responsabili italiani ed europei ho sempre ripetuto il mio appello a combattere insieme i gruppi criminali impegnati nel traffico di esseri umani. L’Italia e la Ue dovrebbero sviluppare a loro vantaggio i programmi con la Tunisia, con un migliore appoggio finanziario e logistico, e un rafforzamento delle forze di sicurezza tunisine incaricate del controllo delle frontiere marittime.
Ma dico anche che la risposta di sicurezza è necessaria, ma non basta: dobbiamo affrontare le cause profonde della povertà, della disoccupazione giovanile, dello sviluppo delle regioni che hanno un forte potenziale migratorio. La Tunisia propone un approccio globale alla questione migratoria».
Molti partono disgustati, dicendo che i politici tunisini neppure pensano a risolvere i problemi del Paese…
«In questa fase in Tunisia c’è purtroppo una divisione fra i poteri che non lascia a ciascun potere, esecutivo o legislativo, la possibilità di esercitare le prerogative assegnate dalla Costituzione. Il sistema è fondato su un “potere di blocco”, ciascuno può bloccare l’altro».
Gli scontri politici sono molto duri. Dopo molti mesi, lei ha invitato il primo ministro in carica e alcuni ex premier per un incontro simbolico: unire le forze per affrontare i problemi del Paese, invece di continuare a litigare.
«Voglio ripetere in italiano quello che ho detto a noi stessi: “Basta!” È il momento di lavorare insieme. Non ci sono differenze sulle scelte economiche, sulle ricette da applicare. È un problema di lotta politica, di contrasti. I progetti, i piani di sviluppo praticamente sono simili. Perché si litiga allora? Per il potere…».
Quale ruolo può giocare la Tunisia per arginare i gruppi jihadisti in Nordafrica e Sahel?
«La Tunisia crede nella necessità di sviluppare una collaborazione nel settore della sicurezza fra gli apparati militari e di intelligence della regione. Confermo la nostra volontà di lavorare insieme a tutti i Paesi africani e dell’area per vincere l’estremismo che compromette i nostri sforzi per lo sviluppo della regione».
La crisi in Libia: cosa ci si può attendere dalle elezioni di dicembre? Come affrontare il tema delle truppe turche e russe presenti nel Paese?
«In Libia ci vuole una soluzione libica. Senza nessuna ingerenza dall’esterno. La Tunisia gioca un ruolo attivo per arrivare a una soluzione pacifica del conflitto. La nostra posizione è chiara: la soluzione dei problemi in Libia deve essere dei libici, una soluzione politica che rifletta la volontà del popolo libico. La Tunisia lavora per la sicurezza in Libia, per l’indipendenza del Paese, per la sua integrità territoriale.
Rifiutiamo ogni ingerenza straniera che non fa altro che prolungare la crisi e renderla più complessa».
Rapporti con Israele e possibile estensione degli “accordi di Abramo": qual è il giudizio della Tunisia sullo stato delle relazioni fra Gerusalemme e il mondo arabo?
«Confermiamo la nostra posizione convinta sui diritti dei palestinesi, condanniamo tutte le pratiche sistematiche e le violazioni perpetrate, le politiche espansionistiche, i piani di colonizzazione e annessione. Non ci sarà pace e stabilità nella regione fino a quando non verrà individuata una soluzione giusta per la causa palestinese. Il popolo palestinese deve ritrovare pienamente i suoi diritti legittimi. Non giudichiamo le scelte di alcuni paesi, rispettiamo la loro volontà e le loro scelte, ma anche noi abbiamo le nostre idee. Siamo convinti che la Palestina appartenga solo ai palestinesi e non possa essere oggetto di nessun accordo che escluda questi diritti».