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 2021  giugno 17 Giovedì calendario

Intervista ai Subsonica

C’è chi fa di necessità virtù e rilegge il suo repertorio con suoni acustici, chi si inventa soluzioni alternative per numeri ridotti. Perché è vero che i concerti sono tornati ma con il pubblico sempre seduto e ben distanziato. Anche i Subsonica si adattano, seppure soltanto in parte: famosi per l’impatto elettronico dei loro live, rilanciano tornando alle origini, al disco che porta il loro nome e che 25 anni fa li fece conoscere. Nel giro di concerti che durante l’estate li vedrà impegnati in posti più piccoli del solito, a cominciare dallo Sferisterio di Macerata dove domani sera apriranno il tour con uno show all’interno di Musicultura, proporranno dunque una scaletta che ruota intorno ai brani di quel primo album.
Tempo di festeggiamenti?
Max Casacci: «Dopo tanti anni si comincia inevitabilmente a giocare con i calendari. Subsonica contiene brani ritmati ma è un suono che non ribalta i palazzetti, come usava negli anni Novanta. Dovendo approcciare una situazione con pubblico seduto, questa soluzione “urban” ci è sembrata giusta, anche perché le sonorità di quel disco stanno tornando d’attualità».
Boosta: «È del ’97 ma la nostra prima cassetta demo era dell’anno prima, quella con ancora il numero di telefono perché ci contattassero, e conteneva cinque dei brani che sarebbero poi usciti nell’album.
Suonarlo è un modo per ripartire da dove abbiamo cominciato».
Tornate sul palco dopo tanto tempo, come lo immaginate?
Max Casacci: «Non so cosa aspettarmi, non sapevo nemmeno come potesse essere tornare in sala a far le prove. Per un anno e mezzo ho messo da parte la chitarra, ma è stato bello riscoprire che suonare insieme ci fa star bene».
Boosta: «C’è come una memoria muscolare ed emotiva. Non succede in tutte le band, è bello e rende onore alla nostra storia».
Perché durante il lockdown non avete fatto nulla online?
Max Casacci: «Il momento eccezionale ha prodotto anche un po’ troppi contenuti casalinghi. A certi musicisti non sembrava vero di avere un auditorio di persone attente perché costrette in casa, un’ondata di show fatti in casa tra ukulele e tinelli, mi è sembrata la reazione di chi volesse mascherare ciò che stava succedendo».
Boosta: «Ci siamo presi il nostro tempo. In generale c’è stata una reazione anche esagerata a questa finestra drammatica che si è aperta, a un certo punto è sembrato che, al di là dei contenuti, fosse più importante esserci. È anche comprensibile, io però non ne avevo proprio voglia, a quel punto visto quanto era complicato, ho pensato di utilizzare il tempo a disposizione per sviluppare le mie passioni, per studiare, per capire cosa voglio fare da grande».
Avete però deciso in questi mesi di pubblicare un vostro vecchio album ancora inedito, “Mentale strumentale”. Perché?
Max Casacci: «Ci è sembrato un modo per entrare davvero in sintonia con il momento, anche per offrire elementi di riflessione sul mondo che incontreremo dopo questa esperienza. Quell’album c’era già, cercava solo una collocazione temporale adatta, ed è arrivata: invece di dare una versione ridotta e casalinga dei Subsonica abbiamo pensato che potevamo entrare in sintonia con il momento con una modalità stimolante e anche provocatoria».
Boosta: «L’idea era di prendere una parte della nostra scrittura, quella legata al suono, e farla uscire in un momento in cui serviva il suono perché di parole ce ne sono state tante. Per dire che la musica non è solo intrattenimento ma anche uno strumento, un album solo musicale per farne la colonna sonora del momento, e poi metterci le parole che vuoi, per riflettere in un periodo in cui tutte le convinzioni sono state annientate. Credo che anche un disco possa rappresentare lo spirito dei tempi».
Nel precedente tour suonavate nei Palasport, ora ricominciate da “Musicultura”, luogo solitamente dedicato ai nuovi cantautori e alla musica folk.
Boosta: «A modo nostro siamo dei cantautori ed è bello che dopo una pandemia ci si ritrovi tutti insieme».
Max Casacci: «Ci sono già stati abbondanti segnali di abbattimento di confine tra una forma sedentaria della canzone d’autore e una sua forma ipercinetica. Non possiamo pensare che l’album di Cosmo non sia grande canzone d’autore. E sono successe molte cose dai tempi in cui Guccini cantava con la sedia, la chitarra classica e il bottiglione.
C’è di nuovo volontà di musica avventurosa, al di là dello streaming compulsivo».