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 2021  giugno 17 Giovedì calendario

MacKenzie Scott, l’ex lady Bezos dona due miliardi a teatri e Ong

Non si fa chiamare con il cognome dell’ex marito, Jeff Bezos, e neanche con quello del nuovo, Dan Jewett, un insegnante di Seattle sposato a marzo. Lei è semplicemente MacKenzie Scott, ammesso che ci sia qualcosa di semplice nell’essere una delle donne più facoltose e generose del mondo. Nel 2019 il divorzio dopo 25 anni di matrimonio dal fondatore di Amazon nonché uomo più ricco del mondo (193,5 miliardi di valutazione secondo Forbes) le aveva lasciato in dote 59 miliardi. Oggi, sta mantenendo quello che aveva già promesso alla vigilia della separazione, ovvero dare gran parte della sua fortuna in beneficenza.
È di ieri la notizia che la signora Scott ha deciso di donare altri 2.74 miliardi di dollari a 286 organizzazioni. Non è la prima volta. Nel luglio 2020 aveva già donato 1,7 miliardi a 116 organizzazioni, a dicembre altri 4,2 miliardi erano andati a 384 organizzazioni. Un totale di otto miliardi negli ultimi undici mesi per lei non sono un problema visto che le azioni di Amazon – ne possiede un quarto – sono schizzate ulteriormente in alto grazie alla pandemia, tanto da fare scrivere al New York Times che «Mrs Scott sta accumulando ricchezza più velocemente di quanto possa spenderla».
Eppure è una cifra che fa impressione, anche per il modo in cui è elargita. A differenza di Melinda Gates, Scott non ha creato una sua fondazione, cosa che richiederebbe documenti pubblici sulle spese e la presenza di uno staff. Quando decide di donare, scrive un post sul blog che ha sulla piattaforma Medium in cui si lascia andare ad alcune riflessioni («sarebbe meglio se la ricchezza non fosse concentrata in un piccolo numero di mani», ha scritto nell’ultimo) e lo annuncia al mondo. Chiamarlo un metodo anticonvenzionale di filantropia è un eufemismo. Tra i riceventi di questo nuovo ciclo di donazioni ci sono l’Apollo Theatre, il Balletto Hispánico e il Dance Theatre di Harlem a cui sono andati 10 milioni. Simili quantità sono andate all’Università della California e all’Università del Texas, a organizzazioni focalizzate sulla giustizia razziale come la Race Forward e Borealis Philanthropy, a gruppi incentrati sull’equità di genere e sulla lotta alla violenza domestica e ad altre organizzazioni non profit tra cui l’Authors League Fund, che aiuta gli scrittori in difficoltà finanziarie, e Afrika Tikkun, che lavora per porre fine alla povertà infantile in Sud Africa.
Istituzioni scelte personalmente da lei, dal marito Dan e da un gruppo di consulenti e ricercatori. «Vorrei che l’attenzione fosse su di loro», ha scritto nel blog. «Anche se so che gli articoli saranno sulla mia ricchezza». E poi: «Questi 286 gruppi sono stati selezionati attraverso un rigoroso processo di ricerca e analisi. Queste sono persone che hanno passato anni a portare avanti con successo obiettivi umanitari, spesso senza sapere se ci sarebbero stati fondi nei loro conti in banca. Cosa pensiamo che potrebbero fare con più soldi a disposizione di quanto si aspettassero? Acquistare i rifornimenti necessari. Trovare nuovi modi per aiutare. Assumere personale extra sapendo di poter pagare loro lo stipendio per i prossimi cinque anni. Comprare delle sedie. Smettere di lavorare durante il fine settimana. Dormire un po’».