il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2021
Il pianeta invaso dalle capsule per il caffè
“Coconut Flavour over Ice”, “La Cumplida Refinada”, “Ispirazione Napoli”, “Ispirazione Firenze Arpeggio”, “Cape Town Envivo Lungo”, “Caramel Crème Brulees”: sono solo alcuni dei gusti delle capsule da caffè Nespresso, che di recente ha lanciato anche una confezione, con tanto di macchina abbinata rosa confetto, con i caffè preferiti da Chiara Ferragni. Come Nespresso, anche Lavazza, Illy Bialetti e mote altre marche hanno fatto delle cialde per macchina da caffè il loro punto di forza. Insieme alle capsule, e ovviamente alle macchine da caffè, si vendono anche gli accessori (bicchierini, cucchiaini, bustine di zucchero), nonché tutti i prodotti per lavare e mantenere la macchina del caffè, dai detergenti agli anticalcare.
Ma quand’è che gli abitanti della Terra, e gli italiani in particolare, hanno smesso di usare la moka e hanno cominciato a bere solo caffè da capsule in alluminio e plastica? Nel nostro paese, dal 2011 al 2014 le famiglie che hanno riposto la vecchia macchinetta del caffè sono passate da 1,5 a 2,6 milioni (negli Stati Uniti siamo quasi a una su tre). Nel mondo si vendono 10 miliardi di cialde all’anno, talmente tante che potrebbero fare due volte il giro della Terra, con una produzione di rifiuti di 120.000 tonnellate.
Già, perché ogni capsula contiene dai 5 ai 7 grammi di caffè e 3 grammi di packaging. Che per lo più finisce nell’indifferenziato, perché è assai complicato separare dopo l’uso la capsula e il caffè, che invece è un materiale straordinario nel ciclo organico. Così i nostri secchi di umido sono molto più poveri, mentre aumentano i rifiuti non riciclabili.
Ovviamente, le ditte produttrici di queste macchine, che alcuni comuni in Europa cominciano a vietare negli uffici pubblici, sono corse ai ripari, dando una veste di sostenibilità ai loro prodotti. E soprattutto, come fa sempre Nespresso, investendo moltissimo nel riciclo, tanto da arrivare a creare propri impianti, ad esempio in Gran Bretagna, per riciclare le proprie cialde che, come scritto sul sito, diventano “lattine, biciclette, computer, pannelli colorati delle nostre macchine e nuove capsule”.
Di più. Per ogni paese Nespresso ha studiato un sistema per spingere i consumatori a riciclare. In Australia, ad esempio, si possono mettere le cialde usate in apposite buste e rimandate indietro tramite uffici postali. Negli Stati Uniti, si possono consegnare i sacchetti preaffrancati in tutti i centri Ups. E in Italia? Grazie alla app, si possono trovare le boutique Nespresso o le isole ecologiche dedicate. Esistono in commercio poi anche cialde biodegradibili e/o compostabili, che si possono buttare nell’umido. Ad esempio quelle E.S.E sono realizzate in polimeri biodegradabili che consentono “un occhio di riguardo per l’ambiente, senza rinunciare alla qualità e continuando a seguire le tendenze di mercato”.
Ma il problema è a monte e non si risolve del tutto sostituendo la capsula non riciclabile con quella compostabile: per evitare l’immensa quantità di rifiuti prodotti da questi apparecchi bisognerebbe agire scegliendo di non mettere in casa un’ingombrante ed energivora macchina da caffè e restare fedeli alla classica moka in acciaio. Che eviterebbe, anche, tutta la (inverosimile) fatica del portare le capsule nei centri riciclo o addirittura rispedirle, oppure la fatica di separare la parte plastica, quella di alluminio e il caffè per riciclare la capsula. Insomma, un gesto elementare, che non ci priva del caffè, ma solo del caffè gusto caramello o del caffè sorbito da Chiara Ferragni, dunque non un grande sacrificio e un vantaggio vero per l’ambiente. Sempre che, ovviamente, il caffè sia (possibilmente) biologico o a marchio “Fair Trade” – ormai si trova anche nei supermercati – che garantisce che nessun lavoratore della filiera, tanto meno minore, sia stato sfruttato per produrre la nostra tazzina di piacere.