la Repubblica, 16 giugno 2021
Perché ci si infetta dopo il vaccino? Domande e risposte
1 Ci si può infettare dopo aver ricevuto il vaccino?
Sì, è possibile. A spiegare perché è Roberto Cauda, infettivologo del Policlinico Gemelli di Roma: «Non tutti i soggetti che si vaccinano rispondono pienamente alla vaccinazione, come per ogni farmaco esistono infatti i non responder. Inoltre c’è il tema delle varianti». L’ultimo studio negli Stati Uniti parla però di casi ridotti: «Su 100 mila vaccinati – prosegue Cauda le infezioni documentate da test sono solo 10 mila». In Italia le stime del centro vaccinale dell’Istituto Galeazzi di Milano contano l’1-2% di reinfezioni. E Cauda rassicura: «Infettarsi non significa per forza ammalarsi».
2 Il contagio può avvenire dopo la seconda dose?
«Chi ha completato la vaccinazione è più protetto, sia nel caso del ceppo “vecchio” coronavirus, sia nel caso di varianti – spiega l’infettivologo Cauda – In Inghilterra si è visto che con una sola dose la copertura è dimezzata rispetto alla variante locale e scende ai minimi con l’indiana. Per questo è assolutamente necessario fare il richiamo». Ma allungare i tempi tra le due somministrazioni aumenta il rischio? «Le sperimentazioni e gli studi effettuati dimostrano che le due dosi possono essere dilazionate. Ora che i contagi sono pochi è molto basso il rischio legato al ritardo della seconda dose».
3 Nei vaccinati il Covid si sviluppa in forma grave?
«Nei soggetti già immuni le reinfezioni, anche in caso di varianti, si sono presentate tutte in forma non grave – tranquillizza il professor Cauda – Il contagio non si traduce automaticamente in malattia e chi è risultato positivo a un tampone 1 o 2 mesi dopo il vaccino ha sviluppato il Covid in forma asintomatica o paucisintomatica». «Il vaccino – prosegue – ha la sua efficacia e mantiene l’obiettivo di evitare ai cittadini forme severe della malattia e l’ospedalizzazione e al sistema sanitario pubblico di oltrepassare nuovamente la soglia critica dei posti letto occupati».
4 I vaccini sono efficaci contro le nuove varianti?
«Alcune varianti – precisa l’infettivologo del Gemelli – potrebbero “bucare” la protezione vaccinale perché i farmaci anti-Covid sono stati creati sulla base del virus isolato a inizio pandemia. Un piccolo calo di efficacia c’è, ma uno studio inglese pubblicato sulla rivista Lancet mostra dati rassicuranti: le due dosi di vaccino Pfizer garantiscono una copertura del 79% contro il ceppo Delta (la variante indiana) e del 92% contro la Alfa (l’inglese), mentre AstraZeneca del 60% contro la Delta e del 73% contro la Alfa».
5 ll cocktail di vaccini protegge meglio dal coronavirus?
«Non esistono ancora grandi pubblicazioni in merito, ma la vaccinazione eterologa, ovvero con due diversi farmaci, è già una realtà da mesi in Francia, Germania, Svezia, Danimarca, Norvegia, Canada e Regno Unito» precisa Cauda. Inoltre «ci sono uno studio inglese su 800 volontari e uno spagnolo su 600 dai quali emerge che alternando i vaccini si riesce a stimolare meglio il sistema immunitario. Il mix dunque è più efficace». «Con l’eterologa – avvisa il prof – ci potrebbe essere qualche reazione avversa in più, ma lieve».
6 Sarà necessaria la terza dose contro virus e varianti?
«È probabile, ma indicazioni scientifiche sulla terza dose ancora non ci sono – sottolinea l’infettivologo – Dobbiamo completare l’immunizzazione di tutti i cittadini e poi vedere come si comportano i contagi.
Ci sono infatti due aspetti da considerare: da una parte non abbiamo certezze sulla durata degli anticorpi ma esiste una memoria cellulare che li produce velocemente se dopo il vaccino veniamo a contatto con il virus; dall’altra gran parte del mondo non ha ancora vaccini e dunque il virus continuerà a circolare».
Risponde il professor
Cauda, infettivologo del Gemelli di Roma “Chi completa il ciclo se si ammala avrà sintomi molto lievi. Il cocktail è più efficace”