la Repubblica, 16 giugno 2021
Gran ritorno sulle tavole d’America
La tregua commerciale tra Europa e Usa divide in due la tavola tricolore: festeggiano parmigiano-reggiano, gorgonzola, limoncello e salame – le vittime innocenti e collaterali del caso Airbus e Boeing – pronti a tornare in forze sul mercato nordamericano senza la zavorra dei super-dazi del 25% imposti nel 2019 da Donald Trump. «Una sovrattassa che solo per il parmigiano valeva 3,5 euro di prezzo in più al chilogrammo» dice il direttore del consorzio Roberto Deserti). Finisce invece il Bengodi per olio e vino tricolori che da oggi torneranno a competere ad armi pari con i rivali francesi, tedeschi e spagnoli penalizzati negli ultimi due anni – contrariamente ai prodotti made in Italy – dai balzelli di Washington.
L’Italia può comunque essere contenta: «L’accordo vale almeno 500 milioni per le eccellenze della nostra tavola», dice Luigi Scordamaglia, numero uno di Filiera Italia. «E soprattutto ci toglie la spada di Damocle di un ulteriore giro di vite sui dazi che ci pendeva sulla testa – dice Antonio Auricchio, presidente del consorzio tutela Gorgonzola e di Afidop, l’associazione dei formaggi italiani –. Noi con Airbus e Boeing non c’entravamo niente e siamo finiti nel tritacarne solo per colpa della lobby dei farmer americani». Il colpo comunque è stato duro: “Le vendite di prodotti caseari negli Usa sono calate nel 2020 del 19%”, calcola il presidente di Assolatte Paolo Zanetti. E nessuno è stato risparmiato: il Grana Padano ha pagato un pedaggio salato mentre la produzione di “parmesan” negli Usa – la copia farlocca del nostro dop – ha superato per la prima volta quella dell’originale tricolore.
«Lo stop per cinque anni ai dazi è importante perché Washington è il primo mercato per il nostro settore alimentare fuori dalla Ue con importazioni per 4,9 miliardi nel 2020», dice Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. Formaggio e liquori non saranno gli unici a beneficiare dell’accordo su Airbus e Boeing: anche crostacei, amari, salami, agrumi e succhi finiranno sugli scaffali a stelle e strisce senza la zavorra del 25% di extra-tassa. «Ora possiamo tornare a programmare le vendite con più visibilità – dice Desideri – Gli ultimi venti mesi sono stati un ottovolante, con periodi di accaparramento di forme di parmigiano nel timore di nuovi dazi e fasi di stasi per smaltire i magazzini pieni”. Se formaggi e liquori tricolori ridono, vino e olio italiani invece sono un po’ più preoccupati. Il discorso, per loro, è l’inverso. La mannaia di Trump ha azzoppato dal 2019 ad oggi i loro grandi rivali, con le etichette francesi, l’olio spagnolo e persino lo Champagne oberati di un sovrapprezzo rispetto ai prodotti made in Italy. A inizio 2021 la situazione per loro era ancora peggiorata, con l’inserimento nella lista nera dei dazi anche dei vini fermi sopra i 14 gradi, di Cognac e Armagnac. Il prezzo pagato è stato elevato: le esportazioni di champagne nel 2020 sono crollate del 20,5%. Quelle del vino d’oltralpe del 18%, bruciando due miliardi. Oggi però le regole sono tornate uguali per tutti e prosecco, amarone e supertuscan vari dovranno farsi strada contando sulle loro forze, senza il mini-doping fiscale dei dazi che avevano colpito i rivali.
La pace (a tempo) sul fronte Airbus e Boeing non significa però la fine delle guerre commerciali che penalizzano in un modo o nell’altro il made in Italy. Joe Biden, lo stesso uomo che ha firmato l’accordo sugli aiuti agli aerei, ha varato una raffica di tariffe al 25% sui prodotti di sei paesi tra cui l’Italia rei di aver approvato la web-tax che colpisce i colossi hi-tech Usa. Queste sanzioni sono state sospese per sei mesi in attesa di un possibile accordo che però – grazie alla prima intesa transatlantica sulla minimum tax per le aziende al 15% sembra a portata di mano. «Per un fronte che si chiude, ce ne sono altri che restano aperti – conferma Auricchio -. Risolti i problemi con gli Stati Uniti, rimane quello con la Russia dove i nostri formaggi, causa embargo, non si possono vendere». Chi si accontenta, però, gode. E i primi segnali di ripartenza sono già visibili: a marzo, dopo il primo congelamento dei dazi, le vendite di formaggi italiani sono balzate negli Usa del 39%. E per gorgonzola & C. – dopo l’uno-due di pandemia e dazi – è forse arrivata davvero la primavera.