ItaliaOggi, 15 giugno 2021
In Germania vai in prigione se non paghi il canone tv
Herr Georg Thiel è in prigione dal 25 febbraio, da oltre tre mesi e mezzo, in attesa della sentenza. Che reato avrà mai commesso? Si rifiuta di pagare il canone tv: perché devo pagare per un servizio che non ho chiesto e non utilizzo?, protesta. In Italia non ho la tv, non perché sia uno snob. Quando sono a Roma ho altro da fare, vedere i figli, i miei fratelli, gli amici, andare a teatro, o vedere uno di quei film italiani che difficilmente verranno distribuiti in Germania. Oppure, mia moglie e io, se una sera restiamo a casa, leggiamo un libro. Ma, come tutti pago, il canone sulla bolletta della luce elettrica. Comunque, prima o poi, compreremo una televisione, quando avremo tempo, e riusciremo a tornare a Roma, finita l’emergenza per il Covid. Anche in Germania guardiamo poco la tv, anche se l’offerta è migliore che in Italia, e pago il canone semplicemente perché abito in un appartamento.È stata una riforma molto discussa: tutti devono pagare, a parte i clochard che dormono sotto un ponte. Si viva in un castello o in una capanna nei boschi, nel ventunesimo secolo è scontato che si possieda una tv, o una radio, o un computer in cui seguire i programmi in streaming. E il canone è di 17,50 euro al mese. Subito dopo la riforma, nel 2013, le tv pubbliche hanno incassato quasi un miliardo in più, eppure pochi anni dopo, il canone non basta, e chiedono un aumento, sia pure di pochi centesimi. Devo dire che la burocrazia tedesca è, o era, più umana di quella italiana: quando mi trasferii da Bonn a Berlino, una signora mi telefonò: come mai sul Reno pagavo due abbonamenti e nella ritrovata capitale solo uno? Perché a Bonn avevo un ufficio, e a Berlino lavoravo da casa. E finì lì. In Italia, temo, sarebbe stato più complicato.
Il signor Thiel, 53 anni, è diventato un eroe per i ribelli, quelli che contestano sempre tutto e tutti per principio, dalla quarantena per il Covid al vaccino, alle tasse. E i giuristi intervengono pro e contro: la tv è un servizio pubblico e ogni cittadino è obbligato a contribuire, se ne serva o meno. Altrimenti, si obietta, potrei contestare di dover pagare per il costo di autostrade, bus e metro, anche se vado sempre a piedi. Ma la tv pubblica incassa anche per la pubblicità, e qualcuno potrebbe obiettare di vedere solo i canali privati che sono gratuiti. Il giurista Hendrik Wieduwilt è dalla parte del ribelle: «In Germania, in una democrazia, nessuno dovrebbe trovarsi in cella perché non paga il canone». Una durezza esagerata.
Thiel è un uomo di principi: potrebbe chiedere a Tom Burow, l’intendente dell’Ard, di intercedere perché venga rimesso a piede libero. Ma non si piega: sarebbe come chiedere la grazia, se si è innocenti. Potrebbe anche evitare la multa per non aver pagato in tempo, se saldasse il debito, o mettesse a disposizione i suoi beni per il pignoramento. Ma Herr Thiel ripete sempre: «nein».
E tiene sotto scacco la Tv: ogni giorno in cella costa allo Stato quasi quanto sei mesi di canone. Il caso è diventato internazionale: se ne occupa anche la Neue Zürcher Zeitung: questi vicini tedeschi sono sempre esagerati. Thiel è un prigioniero politico, o almeno un ostaggio burocratico? L’Fdp, il partito liberale, è tentato di usare il caso nella campagna elettorale: secondo i sondaggi potrebbe conquistare due punti in più alle elezioni del prossimo settembre. Lo hanno già fatto i populisti dell’AfD, il partito dell’estrema destra. Ma Thiel non è di destra e neppure di sinistra, solo un ribelle come Robin Hood.