Corriere della Sera, 15 giugno 2021
Ci vorrebbe un Museo dei Libri
Nel 1921, cioè cent’anni fa, sono nati Livio Garzanti e Paolo Boringhieri. Vent’anni fa è morto Vito Laterza. Non sono certo che a un giovane italiano di media cultura questi tre nomi dicano qualcosa. E a pensarci bene non sono certo che gli stessi nomi dicano qualcosa neanche a un cinquantenne o a un sessantenne. Eppure si tratta di uomini che hanno fatto (costruito) buona parte (la migliore) della cultura italiana del dopoguerra, dove costruire è il verbo migliore per indicarne il carattere e l’impegno. Garzanti è stato il re delle enciclopedie, ha ospitato nella sua casa editrice i migliori narratori e poeti italiani (da Gadda a Pasolini, da Luzi a Caproni), ma anche tanta letteratura straniera. Boringhieri, separatosi dall’Einaudi nel 1957, ha fondato le sue edizioni traducendo Freud e Jung, e ha proposto tanta saggistica scientifica e antropologica, contribuendo alla formazione universitaria. Con iniziative colossali come la collana «Fare l’Europa» diretta da Jacques Le Goff, Laterza ha approfondito la tradizione di un’impresa creata da Giuseppe e impostata sui classici letterari e filosofici sotto l’egida di Benedetto Croce. Settant’anni fa entrò in scena Vanni Scheiwiller, che con i suoi libretti colorati è stato il principe visionario della poesia e dell’editoria d’arte. Inutile dire che in tutte queste diverse personalità si riassumono sorprendenti (spesso romanzesche) storie di intelligenza progettuale politica e culturale, vicende di altissimo artigianato, incroci di relazioni, di amicizie, di confronti tra cervelli non in fuga. Lo raccontano due libri recenti: Il Novecento dei libri di Irene Piazzoni (Carocci) e I meccanismi dell’editoria di Roberto Cicala (Il Mulino). Da cui si capisce che si tratta del più favoloso made in Italy del secolo scorso, almeno quanto il design industriale che da maggio a Milano ha il suo secondo grande spazio museale (il primo è alla Triennale). Essendo l’editoria il più innovativo laboratorio di cultura, di fantasia e di stile di cui l’Italia abbia goduto, sarebbe bene che qualcuno proponesse di costruire un analogo Museo dell’Editoria (pensate solo alla bellezza delle copertine!) capace di rappresentare una storia molteplice di uomini, di donne, di idee e di preziosi manufatti a beneficio dei tanti che non sospettano che il made in Italy sia anche (soprattutto) questo.