Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  giugno 15 Martedì calendario

Il concorso per il Sud non ha funzionato


ROMA Qualcuno lo ha liquidato come il metodo fast track per accelerare la selezione dei candidati da destinare ai 2.800 posti all’interno delle amministrazioni pubbliche del Sud. La decisione del dipartimento della Funzione Pubblica di procedere con una preselezione in base ai titoli di studio, con l’intento di snellire l’operazione di reclutamento, non ha funzionato come sperato. La riprova non è tanto nel proliferare di lamentele e proteste sui social (molti quelli sotto l’hashtag #ugualiallapartenza), quanto nella scelta di aggiustare il tiro di fronte al rischio di non riuscire a riempire quelle 2.800 caselle, attualmente disponibili, negli uffici delle amministrazioni delle regioni del Sud. La selezione per individuare esperti in ambito amministrativo-giuridico, gestione, rendicontazione e controllo, progettazione e animazione territoriale, nei giorni scorsi ha preso la piega sbagliata. A fronte degli iniziali 70 mila aspiranti per un lavoro a tempo determinato nelle amministrazioni del Mezzogiorno, che devono rafforzarsi per prepararsi all’avvio del Pnrr, la selezione per titoli di studio, prevista dal bando, ha ammesso alla prova scritta 8.852 candidati. Una cifra non casuale: il bando stabilisce infatti che abbia accesso agli scritti un numero di candidati pari a tre volte quello dei posti a disposizione.
Una proporzione che si è rivelata insufficiente, perché alla prova di venerdì scorso un candidato su tre degli 8.852 ammessi non si è presentato. La media dei partecipanti è stata del 65%, ma in alcune regioni è andata anche peggio, con un candidato su due dileguatosi. Al dipartimento della Funzione Pubblica, su cui sovrintende il ministro Renato Brunetta, non hanno una spiegazione esatta, ma il fatto che si tratti di un impiego a tempo determinato, abbinato alla richiesta di profili con competenze medio elevate che potrebbero, comunque, trovare un lavoro, rende plausibile la scelta di non presentarsi, confidando in qualche opportunità migliore. Un’evidenza che ha costretto il dipartimento a tornare sui propri passi per evitare al ministro Brunetta l’imbarazzo di non garantire i 2.800 tecnici promessi alle amministrazioni del Sud. Non a caso, il dipartimento ha ribadito la «necessità di garantire l’interesse pubblico di vedere ricoperte tutte le 2.800 posizioni ricercate». Un’indicazione seguita dall’annuncio di un nuovo ciclo di selezioni con prove scritte a partire dal 22 giugno aperte a tutti i 70 mila candidati che si erano inizialmente presentati.
Un dietrofront che si presta a una critica secca: la preselezione che doveva garantire l’individuazione dei tecnici migliori si trasforma d’improvviso in una ricerca anche tra coloro che sembravano non avere i titoli necessari, con inevitabile spreco di risorse. «Il concorso per titoli fortemente voluto dal ministro Brunetta è stato un fallimento. Molti non si sono presentati e molti altri non hanno raggiunto il punteggio minimo. Ma come, non era l’unico modo per selezionare le migliori menti del nostro Paese?», attacca il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. Polemiche che non sembrano intaccare la scelta del dipartimento. Ieri è stato ribadito che da martedì della prossima settimana parte il nuovo ciclo di prove per i 70 mila candidati che avevano presentato domanda.