la Repubblica, 14 giugno 2021
Intervista a Robert D. Kaplan (dice che Putin vuole aprire un dialogo con Biden per uscire dalla morsa cinese )
NEW YORK – «Rilanciando valori comuni e alleanze, Biden in Europa sta definendo il futuro della sua politica estera, con un occhio agli interessi domestici. E l’incontro finale con Putin a Ginevra è parte di un percorso ben inanellato. Stabilire un patto di non belligeranza coi russi, dopo aver rinsaldato le alleanze con gli europei, per isolare ulteriormente la Cina, ridimensionandone la competitività. D’altronde anche Putin si avvia all’incontro con l’intenzione di mandare un messaggio a Xi Jinping: “Non invadere troppo i nostri interessi economici e politici perché abbiamo altre opzioni”».
Il politologo Robert D. Kaplan, 68 anni, “geopolitical chair” del Foreign Policy Research Institute, è stato a lungo consulente del Pentagono ed è autore di numerosi saggi. L’ultimo, sugli interessi strategici Usa e il braccio di ferro con la Cina, s’intitola The Return of Marco Polo’s World: War, Strategy and American Interests in the Twenty-First Century.
Oggi al vertice Nato e domani a quello Usa-Ue, Biden lo ripeterà: “Sono qui per sottolineare il nostro impegno verso un partenariato transatlantico forte e basato su interessi e valori condivisi”.
Convincerà gli alleati che l’America è di nuovo un partner affidabile?
«Aver scelto l’Europa come meta del primo viaggio è già un messaggio in tal senso. Se le prime missioni di segretario di Stato e di quello della Difesa sono state in Giappone e Corea del Sud, lui parte dal Vecchio Continente proprio per rilanciare, anche simbolicamente, l’importanza dell’alleanza transatlantica e un legame basato sui valori culturali comuni della liberal democrazia».
Aldilà dei valori, sul tavolo c’è la proposta di una nuova alleanza, molto concreta, su commercio, digitale, telecomunicazioni, sicurezza...
«Concretezza e valori vanno a braccetto. Americani ed europei hanno bisogno gli uni degli altri per difendere la democrazia e insieme tener testa alla competizione cinese.
Biden vuol sottolineare che gli anni di Trump – critico e distruttivo verso Ue e Nato – sono stati un’aberrazione e non devono ripetersi. Ma ricorda a tutti che solo portando a casa risultati concreti in termini di accordi economici, commerciali, climatici, sanitari si terrà a bada la retorica populista da un lato e anche dall’altro dell’Oceano. Alleanze ed accordi solidi, insomma, come garanzia di stabilità politica e democratica per tutti».
Biden, intanto, si prepara a incontrare il presidente russo Putin, da lui pur accusato di pesanti ingerenze nella politica americana...
«È un meeting abilmente preparato.
A quel livello non ci si incontra se non si è sicuri di portare a casa risultati seri. Certo, si scontreranno su cyberattacchi e diritti umani, ma dialogheranno su pandemia e clima.
Non mi aspetto annunci di collaborazione. Ma stabiliranno regole per evitare incidenti o guerre.
L’incontro darà il via a consultazioni regolari, aprendo una finestra di dialogo. Non dico che il giorno dopo il mondo sarà migliore, ma si lavorerà in un’atmosfera diversa».
In termini concreti?
«Gli Stati Uniti vogliono garantirsi che gli hacker non diano ulteriori problemi in patria e hanno bisogno di basi in Asia Centrale per non perdere del tutto il controllo dell’Afghanistan. I russi aspirano a essere riconosciuti come grande potenza e vogliono svincolarsi dall’ormai soffocante abbraccio di Pechino. La nuova via della Seta ha spinto i cinesi in paesi un tempo nella loro sfera d’influenza. E la superiorità tecnologica del Dragone li innervosisce. Insomma, l’alleanza col vicino orientale è tutt’altro che naturale per Mosca e il meeting offre a Putin un modo per ricordarlo a Xi».