Il Sole 24 Ore, 13 giugno 2021
In Cina inflazione al top dal 2008
Il Governatore della Banca centrale Yi Gang dal podio del prestigioso Forum finanziario di Lujiazui a Shanghai ha nuovamente gettato acqua sul fuoco, sulla scia dei suoi colleghi, anch’essi alle prese con l’inflazione galoppante. Fatto curioso, Cina e Stati Uniti hanno sperimentato a maggio l’inflazione più alta da 2008, anno della crisi finanziaria globale. Per la Cina, addirittura un picco del 9 per cento.«L’incremento dei prezzi al consumo quest’anno sarà al di sotto del 2%, ma è necessario – ha rassicurato Yi Gang – che la Cina faccia mente locale sulla situazione interna ed esterna del Paese».Nel 2020, la crescita dei prezzi alla produzione è stata negativa e proprio mentre l’economia cinese innescava la ripresa, si profilava addirittura lo spettro della deflazione. Questa compensazione sui valori bassi dell’anno scorso è per Yi Gang la ragione principale dell’aumento relativamente elevato dei prezzi al consumo nel 2021.In termini di previsione del tasso di crescita economica potenziale, Yi Gang considera che il tasso rallenterà anche a causa del declino della crescita della produttività del lavoro e dei cambiamenti nella struttura demografica. La tendenza all’invecchiamento della popolazione, il modello di crescita basato sull’utilizzo di lavoro e capitale non sono più sufficienti a garantire una crescita sostenibile che, al contrario, dipenderà dal miglioramento della produttività totale dei fattori e dallo sblocco del potenziale di crescita economica innescato da una serie di riforme strutturali.Ma a illuminare sulla portata dell’inflazione cinese e delle ragioni, in parte esterne, che l’hanno scatenata ci ha pensato Guo Shuqing, gran capo della potente CBIRC, la Commissione che regolamenta e vigila i mercati finanziari.Guo ha individuato nello stesso Forum di Lujiazui due fattori importanti: la fiammata speculativa sulle materie prime, e l’inflazione importata legata allo spillover da politiche massicce di sostegno adottate da molti Governi, Stati Uniti in testa. Nel primo report monetario dell’anno, a metà maggio, comunque, è stata la stessa Banca centrale a scrivere che «l’aumento dei prezzi alla produzione sarà tenuto sotto controllo grazie agli sbarramenti all’ingresso, il che servirà a tenere sotto controllo anche il fenomeno dell’inflazione importata». Le misure adottate finora, tuttavia, stentano ancora produrre effetti.Inoltre si continua a investire nel mattone, un fenomeno che danneggia le nuove famiglie e in genere un mercato in cui i prezzi salgono alle stelle. Ovviamente, anche la bolla immobiliare ha un effetto inflattivo, e quindi si studiano tasse sull’acquisto di nuove abitazioni per evitare manovre speculative che possono soltanto aggravare il quadro generale. Per il momento, è stato introdotto un solo modello di dichiarazione per chi ha fino a dieci case, in parte per monitorare la titolarità degli immobili da tassare. Infine, come ben sa Guo Shuping, c’è il problema del deterioramento dei prestiti degli enti locali che va a un ritmo molto veloce. Sono proprio le riforme finanziarie ad aver incrementato il livello di trasparenza del mercato rendendo più difficile gli adempimenti. Ma la montagna di 15,5 miliardi di dollari (pari a 99,8 miliardi di yuan) di obbligazioni onshore in bilico sono troppe se si pensa che quando nell’agosto del 2015 il mercato azionario cinese crollò i default erano stati “appena” 8,9 miliardi di yuan. Stavolta non ci sono i mezzi per salvare chi affonda, né piani di stimolo anticrash a prova di inflazione.