Il Messaggero, 13 giugno 2021
L’Italia vende riso ai cinesi
C’è chi la definisce la geopolitica del riso, il cereale più consumato al mondo. Per la prima volta dopo 30 anni di tensioni diplomatiche e scontri militari lungo i confini tra Cina e India, Pechino ha comprato 100 mila tonnellate di riso da Nuova Delhi, primo produttore mondiale. Contemporaneamente è però riesplosa la guerra commerciale tra India e Pakistan per il basmati, la tipologia di cui i due Paesi sono gli unici coltivatori. Terreno di battaglia è l’Europa: il governo Modi chiede all’Ue l’inserimento nell’elenco dei prodotti Igp del riso basmati coltivato nelle sue colline himalayane, così da provare a limitare l’aggressività commerciale del Pakistan che negli ultimi tre anni ha incrementato le vendite, approfittando delle difficoltà indiane nel rispettare le regole europee sui pesticidi. Attualmente l’Ue importa dal Pakistan il 60% del riso basmati.
GLI INTERESSI
«Noi abbiamo interesse a importare da entrambi, si sta lavorando per una soluzione che non arrecherà alcun danno ai consumatori europei», afferma Mario Francese, rieletto per il quarto mandato presidente di Airi (Associazione industrie risiere italiane). Intanto l’Ue ha ulteriormente ribadito la sospensione di ogni agevolazione doganale sul riso birmano, come sanzione ai soprusi del governo del Myanmar ai danni dei coltivatori. Infine, soddisfazione per l’Italia arriva dal primo carico giunto nei giorni scorsi in Cina di riso italiano per risotti, dopo anni di trattative: un primo varco per le tipologie non prodotte in Asia (Carnaroli, Arboreo, Vialone nano, sant’Andrea, Roma, Baldo le più note tra oltre 200 varietà italiane) utilizzate nei risotti. «Da un mese spiega Francese abbiamo i codici doganali e le autorizzazioni alla vendita. Ma parliamo di un prodotto di nicchia che punta ai 50 milioni di cinesi ricchi che amano le borse Gucci, gli abiti Armani e la nostra cucina. Sono ancora previsti dazi altissimi: il 65% del valore di fattura». In ogni caso, si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’importanza del riso italiano che esporta il 60% delle quantità lavorate (coltivate e anche importate) in circa 4 mila aziende. «Siamo davvero tra i big del mondo e produciamo il 51% del riso europeo», spiega Francese che è anche a capo di Euricom (660 milioni di fatturato, stabilimenti in Spagna, Portogallo, Grecia, Olanda e Polonia oltre che nel Nord Italia). Nel portafoglio c’è il marchio Curtiriso tra i leader di mercato con Scotti e Gallo - tornato 100% italiano dopo gli anni nella Nestlè (a cui era stato venduto dal gruppo De Benedetti assieme alla Buitoni).
«In Europa afferma Francese consumiamo 2,9 milioni di tonnellate di riso l’anno, con incrementi che continuano a crescere. In dieci anni + 12% nei paesi Ue, addirittura + 29% in Italia». Di natura geopolitica, appunto, le spinte positive assieme all’evoluzione dei consumi. «Il flusso dei migranti commenta il presidente di Airi ha fatto aumentare il consumo di riso, così come il proliferare di ristoranti e piatti etnici, come per esempio il sushi. Ma sono cambiate anche le nostre abitudini alimentari che hanno visto il riso come ingrediente sano in molte ricette pronte, nelle gallette, negli snack e in tantissimi altri derivati». Importante è anche il ruolo delle aziende italiane nei maggiori paesi di produzione. «In India, per esempio racconta Francese abbiamo da anni una filiale di Euricom che prioritariamente assiste i piccoli coltivatori negli sforzi verso un’agricoltura più moderna e con un utilizzo più corretto di fertilizzanti e pesticidi, coerenti con i limiti che già rispettiamo in Europa». La tutela dell’ambiente è storicamente una delle mission dei risicoltori italiani. «Non siamo solo conclude il presidente di Airi - una realtà economica, ma anche una fitta rete a tutela del territorio, che governa le acque garantendo gli equilibri ambientali e una fauna meravigliosa».