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 2021  giugno 13 Domenica calendario

Vita e opere di Giovanni da Udine

Capitavano certi giorni dolci e pieni come frutti maturi, quando Giovanni era bambino e doveva studiare. Arrivava suo padre e diceva: «Alzati. Vieni». Nessuno osava protestare. Andavano a caccia. Il padre era un tiratore formidabile. Giovanni si immergeva in quei boschi e respirava così bene che li assorbiva e poi li portava a casa, dentro di sé: un mondo che riprendeva vita ogni volta che lui chiudeva gli occhi per vederlo meglio. Disegnava passeri, lepri, caprioli. Piante. Tutto. Non per raffigurarlo ma per riviverlo. Le ragnatele tese tra i rametti, la mattina presto, fanno certe trine brillanti da cui puoi capire i percorsi degli animali. Giovanni, che veniva da una famiglia di ricamatori, imparò a leggere i segni raffinati dei cinghiali. Fu mandato a bottega dal pittore Giorgione, a Venezia, così si racconta. 
Giorgione gli parlava di Michelangelo e Raffaello. «Sono grandi cacciatori?» chiedeva il bambino spalancando gli occhi. «I migliori» rispondeva Giorgione. Così andò a Roma da Raffaello, e da lui imparò una grazia palpitante che conosceva bene, perché l’aveva vista nella natura, ma non era mai riuscito a versarla nelle figure. Disegnò un libro con uccelli di tutte le specie. Raffaello non si stancava di sfogliarlo. Nature vive. Il libro era così perfetto che adesso è perduto, volato via. Giovanni scoprì che esisteva una Roma sotterranea, rovine che erano diventate grotte. Abituato a scendere nelle forre, si calò senza problemi. Tornò parlando di pareti dipinte con figure mai viste e convinse Raffaello ad andare giù. Non fu facile, perché Raffaello aveva una passione purissima per il piacere fisico e temeva sempre di farsi male. Ma anche lui riemerse entusiasta. 
Diffusero le cosiddette grottesche, decorazioni che, arrivando dall’antichità, divennero avanguardia. Giovanni non fu il primo a vederle: ma lui le capiva. Convinse Raffaello ad andare a caccia. Raffaello elegante e luminoso, Giovanni malinconico e selvatico. «Ascolta —, disse Giovanni —. Se una persona non conosce i suoni degli uccelli non può capire quello che dipingo». «Sei un grande pittore, inoltre ti piacciono i boschi e le grotte» disse Raffaello: aveva un modo tutto suo di porre domande, senza mettere il punto interrogativo. Inclinava la testa di lato. In questo caso voleva sapere come stavano insieme queste tre passioni. «Ma sono la stessa cosa! La pittura è nata nelle caverne, da uomini che, quando chiudevano gli occhi, sognavano scene di caccia» rispose Giovanni. Indicò un uccello e disse: «Quella cinciallegra è venuta male. E poi perché è così sola?». Tornò a casa e ne fece due. Dipinse gli animali esotici amati dal papa Leone X, come i pappagalli. Gli sembrava, in questo modo, di realizzare l’Arca di Noè. 
Se gli esseri viventi fossero andati distrutti, Dio avrebbe potuto guardare le sue pitture per rifarli. Oggi, i discendenti di quei pappagalli volano ancora liberi per Roma. A forza di sperimentare, scoprì il modo di rifare gli stucchi antichi. Imparò la gioia del lavoro collettivo e, a volte, non sai quanto Giovanni c’è in un’opera di Raffaello e viceversa. Lavorò a Firenze con Michelangelo, che non aveva paura di farsi male, anzi, era pieno di lividi. Neanche lui era un grande cacciatore, ma ormai Giovanni aveva capito cosa aveva voluto dire Giorgione. Quando Raffaello morì per eccesso di piacere, Giovanni per la prima volta si tolse quel cappellaccio che portava sempre perché gli ricordava i boschi e ciò che significano. 
Forse Raffaello era morto in anticipo per non assistere al Sacco di Roma, che gli avrebbe causato troppo dolore. Durante questo evento disastroso, Giovanni uccise Carlo III di Borbone con un colpo di archibugio, ma non ne parlò mai, forse non è vero. Poi Benvenuto Cellini si attribuì il colpo eccezionale. In ogni caso, troppo trambusto. Giovanni tornò a Udine, con l’intenzione di non lavorare mai più. 
Non ci riuscì. Un giorno, andò a caccia accompagnato da un nuovo assistente. «Preso!» esclamò indicando non so quale uccello galleggiante nell’azzurro. «Ma no» disse l’assistente. «Ma sì» disse lui, che non aveva neanche sparato. Tornato a casa, chiuse gli occhi e lo dipinse divinamente.