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 2021  giugno 13 Domenica calendario

Eva Riccobono ha la mammitudine

Avrebbe potuto essere «Io, la top model che lava i pannolini». Sottotitolo: «Tate tremate». E invece è Mammitudine, diario di una sindrome (pare) contagiosissima. Il libro è in testa alle classifiche della settimana su Amazon. Eva Riccobono, l’autrice, è la prima a sorprendersi: «Mai lo avrei immaginato. Volevo solo fare un gesto di condivisione, per dire alle mamme che non siamo sole e sbagliate». Trentotto anni, di cui almeno diciotto di onorata carriera nel mondo della bellezza (fra passerelle, cinema e teatro) e ora solo (per scelta) bagnetti e pappe. Proviamo a crederle. 
Cominciamo dalle critiche? Si legge sui social «ecco la modella che si mette a fare la scrittrice chissà chi avrà scritto al posto suo…». E il pregiudizio è servito, ma lei ci sarà abituata. 
«Certo, sempre lo stesso: sei bella, hai fatto la modella, cos’altro vuoi? Le persone che fanno questi commenti vivono male. Comunque: non ho scritto un romanzo, solo la mia esperienza. E poi con l’età, i miei bei 38 anni, mi scivola tutto. Ho le mie sicurezze, applicate secondo la regola delle certezze. Sono una poco di buono o una cretina? No, e allora perché devo dar retta a chi lo dice. So chi sono e lo sanno le persone che mi amano e circondano la mia vita». 
Da Fiorello (era il 2002) a «Mammitudine», in mezzo anni di sfilate e campagne, sino al cinema e al teatro. Sembrerebbe sempre in equilibrio. 
«Ma io nasco invece persona complessata, molto. Da Palermo, dove ero diversa, la più alta e la più bionda, arrivo a Milano sentendomi così: non tradizionalmente bella. Volevo avere le tette e le curve e i colori mediterranei. Ma oggi ringrazio di essere come sono. E se penso a dei miti alla fine immagino Tilda Swinton, Meryl Streep: donne androgene, con uno charme intellettuale, zero sexitudine». 
Capitolo «seduzione»? 
«Tendo molto a mostrare la mia fragilità e la mia ironia. Anche la mia innocenza, che ho dentro di me, forte». 
Altro pregiudizio: le modelle e gli uomini, tanti. Lei solo uno, da 16 anni: Matteo Ceccarini, dal quale ha avuto Leo e Livia. Tentazioni? 
«Quando sarò vecchia racconterò di tutti i “nomoni” che mi hanno fatto il filo. Ma non ho mai subito il fascino del potere, del denaro, della fama. Devo essere innamorata. Una volta fui corteggiata insistentemente da un famoso, tanto famoso, attore di Hollywood: Matteo ci rimase male quando glielo dissi perché lo avevamo conosciuto insieme e con lui aveva fatto l’amico. Uno stilista invece si prodigò ad elencarmi i vantaggi di una relazione così per la mia carriera. Ho trovato tutto triste. Ho un’etica e una morale altissime. E ho visto troppe donne fare una brutta vita per aver fatto scelte calcolate. Non c’è cosa più bella che trovare l’amore». 
Se la prende ancora se qualcuno oggi la chiama modella e non attrice? 
«Sì, perché modella non sono più: ho dato l’addio ufficiale a 26 anni. Non mi rendeva felice. Un po’ è stata la morte di Gianfranco Ferré». 
In che senso sfilare non la rendeva più felice? 
«Mi sembrava di non fare nulla. Vendere il mio corpo, il mio aspetto. Essere giudicata, correre sempre. Un anno vai bene e un anno male. Per cosa? Volevo costruire altro. E poi ho conosciuto Matteo e non volevo essere sempre in volo ma con lui. Dodici anni da fidanzatini: ci siamo divertiti parecchio. Poi abbiamo deciso di mettere radici». 
Ed ecco la mammitudine! 
«Pensavo di gestirla con più coolness: faccio un figlio, poi riprendo, chiamo una tata e mia mamma, mi organizzo. E invece... mi sono detta: guai chi mi sposta da qui. Tutte le sere faccio il bagno a mia figlia... è la cosa più bella del mondo. Ho visto milioni di persone far svezzare i bambini alle tate. Per me lasciare i miei figli è una violenza, non sono capace». 
È vero che è la «fustigatrice» delle tate. 
«Non riesco a tacere, sì: una volta in piscina mi sono arrabbiata con una che sgridava una bimba di due anni “è colpa tua se facciamo tardi”. Mi sono avvicinata e le ho detto “Eh no i bambini non sono la causa dei ritardi, ma gli adulti sì. La smetta di umiliare questa bambina”. Tutte mi hanno detto brava ma nessuno ha fatto nulla. Così al parco o al supermercato, i piccoli piangono e le baby sitter stanno al telefonino. No». 
Ma così angoscia tutte le madri al lavoro? 
«Lo so, ma lo scriva. Perché lo giuro succede spessissimo. Poi capisco che bisogna tornare a lavorare: però lasciamo i nostri figli a persone davvero fidate. Ora nel libro non terrorizzo nessuno con le mie paturnie, parlo di me, della mia esperienza. Affronto con la mia amica Manuela Parodi, la mia eroina, il discorso sulla depressione post partum. O scrivo di sesso, perché c’è anche (anzi ancora): mai prima dei tre mesi dal parto, bisogna chiarirlo, così non si creano aspettative. Questo fa sempre ridere e io adoro l’ironia».