Corriere della Sera, 13 giugno 2021
Nel mondo un bambino su dieci lavora
Quasi un bambino su dieci nel mondo è costretto a lavorare. In totale le stime indicano che nel 2020 i bambini obbligati a svolgere un lavoro sono stati 160 milioni, in aumento di 8,4 milioni rispetto al 2016. Una dinamica che rischia, peraltro, di peggiorare per effetto della pandemia globale. A lanciare l’allarme è l’ultimo rapporto intitolato «Lavoro minorile: stime globali 2020, tendenze e percorsi per il futuro», elaborato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e dall’Unicef. I contenuti sono stati pubblicati in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile che si celebra il 12 giugno, evidenziando come per la prima volta in 20 anni le statistiche segnalano un’inversione di tendenza: se è vero che negli ultimi due decenni il numero di bambini costretti a lavorare è diminuito di 85 milioni (passando da 245,5 a 160 milioni), preoccupa che a partire dal 2016, il progresso globale contro il lavoro minorile abbia subito una battuta d’arresto (quattro anni fa i bambini lavoratori erano 151,6 milioni). Un quadro complessivo che ha spinto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a intervenire. «Occorre uno sforzo corale di tutta la società e delle sue istituzioni, per porre fine a questa grave violazione dei diritti dell’infanzia e rendere effettivamente vigente il diritto dei bambini a un avvenire da loro liberamente scelto. In questo senso – osserva il capo dello Stato – le iniziative di sensibilizzazione previste in questi giorni in Italia sono particolarmente meritevoli».
Di fronte al dato di 160 milioni di bambini schiavi, con l’aggravante che oltre la metà, circa 79 milioni, si ritrovano costretti a svolgere un lavoro pericoloso, con il rischio di danni diretti alla salute e allo sviluppo psico-fisico, anche papa Francesco, attraverso un tweet sul suo account, rammenta che «I bambini sono il futuro della famiglia umana: a tutti noi spetta il compito di favorirne la crescita, la salute e la serenità». I numeri, d’altra parte, restituiscono la dimensione di una piaga su scala planetaria, dove la povertà e le guerre spingono le famiglie a ricorrere, sotto molteplici forme, al lavoro, al reclutamento e allo sfruttamento dei minori. L’area geografica dove questa dinamica è più marcata è l’Africa Subsahariana, dove ogni dieci lavoratori più di 2 sono bambini (rappresentano il 23,9% del totale della forza lavoro e sono circa 86 milioni). Spostandosi nell’emisfero Nord il fenomeno si attenua: sommando i dati di Europa e Nord America emerge che i bambini sfruttati costituiscono il 2,3% della forza lavoro, con circa 3 milioni di lavoratori minorenni. Il settore che in assoluto registra il maggior utilizzo di bambini è quello agricolo. A ricordarlo è l’ex ministro Maurizio Martina, nella sua veste di special advisor Fao, sottolineando che il 70% dei bambini occupati (circa 112 milioni) in lavori minorili è impiegato nell’agricoltura, a seguire ci sono i servizi con il 20% e l’industria con il 10%. In Italia il problema è solo in parte sotto controllo, tanto che il presidente Mattarella ha ammesso che il Paese «non è esente, purtroppo, dal fenomeno del lavoro infantile incluso lo sfruttamento da parte della malavita organizzata, situazione che compromette il futuro dei giovani e dell’intera società».