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 2021  giugno 13 Domenica calendario

La Cina punta sull’Internazionale populista

Dietro le manifestazioni di Budapest contro l’apertura nella capitale ungherese della filiale di una università cinese vi è un’altra vicenda universitaria di cui è protagonista, insieme a Viktor Orbán, premier dell’Ungheria, un grande finanziere liberale. Si chiama George Soros, ha origini ungheresi, ha lasciato il suo Paese quando era una repubblica comunista, ha fatto brillanti studi alla London School of Economics, è divenuto uno degli uomini più ricchi del mondo e ha fatto spesso uso del suo denaro per creare nuove, generose istituzioni fra cui la rete di Open Society, promotrice di una società aperta su scala mondiale. 
Non ha mai nascosto la sua opposizione alla politica di Orbán e fra altre iniziative liberali aveva dato a Budapest una grande università. Ho usato l’imperfetto perché Orbán era riuscito a renderle la vita impossibile con alcune inaccettabili pretese legislative e l’aveva costretta a cercare rifugio a Vienna. 
Ma Budapest non poteva perdere una istituzione universitaria e il vuoto sarà ora colmato da una filiale della Università Fudan di Shanghai, molto nota per la serietà dei suoi studi, ma anche per la sua fedeltà al regime. Come ha ricordato Federico Fubini sul Corriere della Sera del 7 giugno, Orbán ha ormai a Budapest un brillante avversario, Gergely Karácsony, sindaco della città. Ai concittadini, in questi giorni, ha ricordato che il legame dell’Università Fudan al partito comunista cinese è iscritto nel suo statuto. 
L’università cinese di Budapest è quindi il più recente atto della guerra accademica e politica fra Orbán e Soros. Ma è anche il più recente episodio di un’altra guerra in cui la Cina, esclusa dalla Lega delle democrazie, diventa l’alleato preferito di forze politiche che appartengono alla destra populista e sovranista. È accaduto in molti Paesi europei quando la Cina lanciò un ambizioso progetto che fu definito la «Nuova via della seta» o «Belt and Road Initiative», e trovò consensi in forze politiche spesso attratte dal fascino e dalla retorica di una personalità o di un programma autoritari. 
Accadde anche in Italia nel 2019 quando il governo composto dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle firmò con la Repubblica Popolare un memorandum d’intesa che, nello spirito della Via della seta, serviva a raggruppare le iniziative industriali, commerciali e finanziarie concordate fra i due Paesi. Il desiderio di avere utili rapporti con la Cina è comprensibile: nessuno può voltare le spalle a un enorme mercato straordinariamente operoso. 
Ma vi sono organizzazioni della destra autoritaria come Alternative für Deutschland in Germania o France Insoumise in Francia che sperano di trovare nel rapporto con la Cina una specie di promozione internazionale; mentre la Cina crede che ogni rapporto con forze politiche europee giovi al suo status globale. 
Esiste ormai una «Internazionale populista» in cui la Cina può contare su amicizie e alleanze dove gli interessi politici sono più importanti degli interessi economici.